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LA SINDROME DI SJOGREN

La Sindrome di Sjogren è una malattia cronica e autoimmune, caratterizzata da una lenta infiammazione delle ghiandole esocrine e anomala attivazione del sistema immunitario. Questo conduce ad una progressiva perdita di funzione ghiandolare e alla produzione di specifici autoanticorpi.

La malattia può talvolta coinvolgere diversi organi e apparati, ma prevalentemente si caratterizza per secchezza degli occhi, secchezza del cavo orale e secchezza di altre mucose (a livello nasale, tracheale, bronchiale e genitale).

Questa malattia puo’ essere diagnosticata come isolata, o associata ad altre malattie autoimmuni sistemiche, come l’Artrite Reumatoide, Lupus Eritematoso Sistemico, o la Sclerosi Sistemica.
L’esordio può avvenire a qualunque età, anche se la popolazione più interessata è quella di età compresa tra i 30 e i 50 anni. Le donne ne sono colpite in misura 9 volte maggiore degli uomini.

Quali sono le cause?

Le cause sono ancora sconosciute. Esiste una predisposizione del soggetto allo sviluppo della malattia, ma non si tratta di una ereditarietà genetica mendeliana.

 Come esordisce la Sindrome di Sjogren?

 La malattia può iniziare in modo molto variabile, ma la maggior parte dei pazienti riferisce:

  • sensazione di fastidio agli occhi, come da “corpo estraneo” o “sabbia” o bruciore oculare
  • peggioramento delle carie dentali
  • sensazione di secchezza della bocca, soprattutto quando si parla, con urgenza di bere o masticare qualcosa per stimolare la salivazione
  • ripetuti episodi di gonfiore dolente alle parotidi  o dolore in tali sedi (posteriormente alle orecchie) durante la masticazione
  • stanchezza intensa, cronica, non motivata da eventi esterni/ambientali
  • dolore articolare (talora con gonfiore)
  • porpora alla cute degli arti inferiori

E’ semplice diagnosticare questa malattia?

Nella maggior parte dei casi sì.
I pazienti si rivolgono all’Oculista, che diagnostica una secchezza oculare, eseguendo dei semplici test che dimostrano una ridotta lacrimazione.
Quindi il paziente viene indirizzato ad eseguire alcune indagini di laboratorio.

 Non esiste un esame singolo, che permette di arrivare alla diagnosi di malattia, ma un un insieme di elementi clinici e di laboratorio.

  • Anamnesi con domande mirate: percezione di occhi secchi? Da quanto tempo? Uso frequente di lacrime artificiali? Da quanto tempo vi è la sensazione di bocca asciutta? Episodi di gonfiore delle parotidi? Bisogno di bere spesso?
  • Esami ematici: emocromo, elettroforesi proteica, VES, PCR, esame urine, creatinina
  •  Autoanticorpi: ricerca di ANA, anti-ENA,
  • Test oculistici: test di Shirmer (che valuta la quantità di lacrime), test al Rosa Bengala  e verde di Lissamina (che studia l’integrità della superficie corneale)
  • Eventuale biopsia delle ghiandole salivari minori, che mostra la presenza di un infiltrato di linfociti nelle ghiandole salivari

Gli anticorpi antinucleo (ANA) sono autoanticorpi rilevabili nel sangue del 85-95% dei pazienti affetti da Sindrome di Sjögren e vengono eseguiti da prelievo di sangue e processati in molti laboratori sul territorio e ospedalieri.
Caratteristica peculiare è la positività ANA e per per anticorpi anti-ENA, in particolare anti-Ro/SSA (70%) e anticorpi anti-La /SSB (40 %)
In aggiunta, i pazienti spesso presentano alterazioni di altri esami ematochimici: lieve leucopenia, aumento delle gammaglobuline, positività per Fattore Reumatoide.

Quale l’evoluzione nel tempo?

La maggior parte delle persone presenta un quadro stabile di malattia, caratterizzato da secchezza della bocca e degli occhi (più del 90% dei casi).
Molti pazienti lamentano stanchezza cronica (80%), disturbi del sonno (60%), o disturbi di concentrazione correlati alla stanchezza, che limitano lo svolgimento delle attività quotidiane diurne (stimato fino a 7 pazienti su 10) e possono indurre uno stato di sconforto soggettivo.
Alcuni pazienti possono invece presentare un interessamento extra-ghiandolare, che coinvolge diversi organi e apparati.

Quali medici servono al malato di Sindrome di Sjogren?

La figura del Reumatologo è centrale per la diagnosi e il monitoraggio della malattia nei suoi diversi aspetti, oltre che per coordinare altre figure professionali importanti (ad esempio: Oculista e/o Ginecologo).

Le visite reumatologiche, almeno annuali, mirano a evidenziare:

  1. i disturbi locali connessi con la secchezza orale, con difficoltà nella deglutizione, digestione e reflusso gastroesofageo (40-45% dei casi); frequenti episodi non controllati di gonfiore delle parotidi
  2. l’eventuale interessamento sistemico della malattia
  3. l’evoluzione dell’assetto degli autoanticorpi.

L’interessamento sistemico

Definito come extra-ghiandolare, non è molto frequente e può coinvolgere molti organi/apparati singolarmente o contemporaneamente:

  • artrite alle piccole articolazioni (mani e piedi), simile all’artrite reumatoide (20%),
  • lesioni cutanee da fotosensibilità (cioè tendenza a reazioni solari) e lesioni cutanee da vasculite ricorrenti,
  • formicolio localizzato alle estremità (neuropatia sensitiva) (30%),
  • tosse stizzosa e/o difficoltà respiratorie, dovuta a secchezza della mucosa respiratoria o ad un vero e proprio coinvolgimento polmonare,
  • alterata digestione con alterazione della funzionalità del fegato,
  • alterazione dell’esame urine (proteinuria o microematuria), con manifestazioni cliniche correlate,
  • mialgie o debolezza muscolare (secondario a perdita urinaria di sali minerali o da una vera e propria miosite associata).

Evoluzione dell’assetto degli autoanticorpi: ad ogni visita annuale o bi-annuale i pazienti ripetono gli esami immunologici, includenti anticorpi anti-DNA, ENA, dosaggio delle proteine del complemento, antifosfolipidi, per escludere che la malattia di Sjogren si “arricchisca” di altre caratteristiche che possano condurre ad un LES, evento possibile durante il follow-up.
Dagli esami ematochimici si tiene monitorato il livello di immunoglobuline circolanti, che talvolta possono aumentare e mutare in senso monoclonale. Un rischio, infatti, della malattia è che possa evolvere in una malattia ematologica (es: mieloma).

Che terapie ci sono?

Per quanto ad oggi non esista una terapia specifica per la malattia, vi sono molte strategie terapeutiche.

  • Lacrime artificiali di diversi tipi e composizioni, che proteggono la superficie dell’occhio
  • Sostituti salivari o accorgimenti per mantenere umettata la bocca, corretta igiene orale
  • Protezione dai raggi del sole con creme idonee
  • Eventuali farmaci immunomodulanti (idrossiclorochina) o basse dosi di cortisone, per i sintomi extra-ghiandolari più lievi
  • Farmaci immunosoppressori per i casi di interessamento d’organo più severo (methotrexate, micofenolato mofetile, azatioprina); cicli di immunoglobuline endovena

Quali strategie per migliorare la qualità di vita?

Secchezza oculare

L’occhio secco è un disturbo che va gestito con l’uso di lacrime artificiali, e con strategie quotidiane:

  • Evitare ambienti molto secchi (limitare l’uso di condizionatori o ventilatori), ambienti polverosi o con fumatori
  • Cercare di evitare i farmaci che peggiorano la secchezza (di occhi e bocca), come gli anti-depressivi, alcuni anti-ipertensivi o anti-istaminici
  • Provare ad ammiccare spesso, specie se si trascorre molto tempo davanti ai videoterminali o durante la lettura
  • usare occhiali protettivi la luce solare
  • eventualmente usare lacrime artificiali o lubrificanti anche di notte
  • evitare l’uso di lenti a contatto o eventualmente lenti a contatto confortevoli.

Secchezza orale

La bocca secca è un sintomo fastidioso per cui ci sono pochi farmaci efficaci: uno di questi puo’ essere la pilocarpina, che stimola la produzione di saliva
Diversi tipi di rimedi possono essere però considerati:

  • sostituti salivari (gel, Spray orali)
  • corretta igiene orale
  • caramelle o chewing-gum specifiche (senza zucchero) che stimolano la salivazione
  • adeguata idratazione durante il giorno (bere 8 bicchieri al giorno di acqua) e piccoli sorsi d’acqua durante la masticazione
  • usare creme emollienti per le labbra, contenenti vitamina E, che evitano la comparsa di cheilite angolare,
  • incrementare l’umidità degli ambienti di casa, specialmente di notte.

 Sindrome di Sjogren e gravidanza

Dato che la sindrome di Sjögren è più frequente nelle donne, non è infrequente che pazienti con questa patologia si trovino ad affrontare una gravidanza.
Premesse fondamentali sono:

  • che la paziente affronti questo percorso in un momento in cui la malattia reumatica sia in remissione,
  • stia assumendo farmaci compatibili con la gravidanza
  • che venga seguita in un ambulatorio dedicato con reumatologo e ginecologo.

In generale questa malattia non peggiora durante la gravidanza. E’ tuttavia noto come gli anticorpi materni anti-Ro/SSA e anti-La/SSB, passando la placenta, possano interagire con il feto e, seppur raramente, causare uno spettro di complicanze note come lupus neonatale. Le possibili alterazioni comprendono rash cutaneo transitorio, ma sono molto rare patologie epatobiliari e complicanze ematologiche.

Molte di queste manifestazioni si risolvono nei primi 6-9 mesi di vita, quando gli anticorpi materni vengono fisiologicamente eliminati dalla circolazione del bambino. Un discorso a parte merita il cosiddetto blocco cardiaco congenito, un evento raro che si manifesta in circa l’1-2% dei neonati nati da madri con autoanticorpi positivi.

Questa condizione può determinare gradi diversi di alterazione del ritmo del cuore, da forme lievi a forme gravi che mettono a rischio la sopravvivenza del feto e poi del bambino dopo la nascita.
La diagnosi precoce viene fatta controllando frequentemente il battito cardiaco fetale (circa una volta ogni 7/15 giorni), tra la 16a e la 28a settimana di gravidanza, in modo da poter intervenire subito se vengono notate alterazioni.
La cura consiste nel somministrare alla mamma un particolare tipo di cortisone in grado di attraversare la placenta; ed eventualmente l’idrossiclorochina, che sembra ridurre il rischio di sviluppo del blocco cardiaco congenito.

Questo articolo è stato scritto da
Dr.ssa Ilaria Cavazzana e Dr.ssa Cecilia Nalli
Reumatologia e Immunologia Clinica ASST Spedali Civili di Brescia

Per approfondimenti:

http://www.sjogrens.org

https://www.reumatologia.it/obj/files/GruppiStudio/finalePTDA2.pdf

https://youtu.be/DNPYv-ZtOyY

La gravidanza nell’artrite

Molte conoscenze sono oggi mutate per quanto concerne la gravidanza nell’artrite.
La gravidanza nell’ artrite reumatoide ha una elevata probabilità di essere un magico periodo senza o con poca artrite (oltre il 70% dei casi). 
Purtroppo si tratta solo di un periodo che generalmente sfuma dopo il parto. Il puerperio rappresenta infatti un momento fortemente a rischio di recidiva dell’artrite perché, spesso, si presenta più “cattiva” (attiva) di quanto non fosse precedentemente la gravidanza.

Nel passato, dopo il parto si determinava spesso la necessità di incrementare la terapia anti-reumatica e quindi di sconsigliare l’allattamento e inibire la lattazione. Inoltre veniva spesso sconsigliato di intraprendere una gravidanza per non interrompere la terapia con i farmaci anti-reumatici potenzialmente dannosi per il feto.

Cosa fare

Tutti siamo concordi sul fatto che la gravidanza vada affrontata in un momento in cui l’artrite sia in remissione o scarsamente attiva. Ciò si realizza, quasi sempre, assumendo farmaci anti-reumatici.
Purtroppo i farmaci più efficaci, utilizzati prima della gravidanza, devono essere sospesi perché teratogeni (possono determinare malformazioni embrionali o fetali). Sia il Methotrexate che l’Arava (due tra i più efficaci farmaci anti-artrite) sono teratogeni e incompatibili con una gravidanza nell’artrite.

I farmaci vietati e quelli possibili

Il methotrexate deve essere sospeso almeno 3 mesi prima di una gravidanza, assumendo quotidianamente acido folico fino alla gravidanza e per tutta la sua durata. 

Leflunomide rimane dosabile nel plasma del soggetto fino a due anni dopo la sospensione del farmaco! Ciò impone che dopo la sospensione di Arava la donna proceda, come da indicazione sul foglio illustrativo del farmaco, a wash-out con Colestiramina.

Per altri farmaci, come Plaquenil, Sandimmun Neoral e Salazopyrin non vi sono evidenze di teratogenicità e possono essere quindi assunti prima della gravidanza. Questi farmaci tuttavia non hanno una significativa efficacia e sono attualmente poco usati per la cura dell’artrite.

Il cortisone, a bassa posologia (deltacortene 5 mg/die) può essere assunto in gravidanza, non raggiunge il feto, perchè non attraversa la placenta che ha sistemi enzimatici per la sua inattivazione.

Gli anti-infiammatori non steroidei dovrebbero essere evitati, almeno per assunzioni di lungo periodo. La Tachipirina (Paracetamolo) può essere utilizzata in gravidanza nei periodi di dolore non tollerato.

I farmaci biologici anti-TNF sono classificati dalla FDA come non teratogeni. Questi hanno una capacità di controllare l’artrite superiore a qualsiasi altro farmaco anti-reumatico.  In particolare esistono studi che dimostrano una sicurezza di impiego accertata in corso di gravidanza per il certolizumab, farmaco anti-TNF-alfa caratterizzato da un trasferimento placentare pressoché trascurabile. Sulla base di questi dati l’Agenzia europea del farmaco (EMA) nel 2018 ha approvato l’indicazione di impiego di certolizumab nelle donne in gravidanza.

Farmaci di più recente impego nell’ambito della cura dell’artrite cronica (apremilast, tofacitinib, baricitinib, upadacitinib, filgotinib) non dispongono di dati clinici che ne consentano l’utilizzo in caso di gravidanza e allattamento.

Scarica opuscolo “pianificazione familiare” della Società Italiana di Reumatologia


Figura 1.Farmaci ammessi e farmaci sconsigliati in gravidanza

ambulatorio Dr. Gorla

AMBULATORIO di reumatologia

Nel mio AMBULATORIO di reumatologia mi dedico preferenzialmente alle artriti e alle sindromi dolorose croniche come la Fibromialgia.
Negli anni di professione ho approfondito gli aspetti psicologici della cronicità del dolore, se mi è concesso, definirei la mia azione medica “psico-reumatologia”.

Questo scritto contiene informazioni pratiche sull’attività dell’ambulatorio di reumatologia del Dr. Roberto  Gorla.

INFORMAZIONI

La maggior parte delle visite le svolgo presso AMBULATORIO di reumatologia divisionale, condiviso con i miei colleghi, presso i poliambulatori degli Spedali Civili di Brescia.
Come prenotare una visita presso i nostri ambulatori? Si telefona al CUP (centro unico di prenotazione) muniti di impegnativa di richiesta di visita reumatologica: tel. 030.224466.
Gli ambulatori vengono svolti dal lunedi al venerdi con 4 medici in turno.
Per le problematiche attinenti la gravidanza nelle malattie autoimmuni si telefoni al: 0303995487.

 Effettuo le visite private intramoenia nel mio AMBULATORIO di reumatologia presso l’Azienda  Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Spedali Civili di Brescia.
Potete prenotare al tel:
0303996320
e (solo per motivi urgenti di salute) al mio cellulare 3923627685 al mattino ore 8-10 esclusi festivi e prefestivi. Potete mandare un SMS con indicato “richiesta visita privata, nome, cognome. Riceverete data, ora e luogo dove verrà svolta la visita. 
Tariffe prestazioni private AMBULATORIO di reumatologia:
Visita/consulenza singola: 130 Euro

Visita di controllo: 110 Euro

Dr. Roberto Gorla  curriculum vitae

Scarica la mappa della ASST Spedali Civili mappa ospedale

riconoscimento fibromialgia

Riconoscimento della Fibromialgia

Il riconoscimento della fibromialgia nei LEA ministeriali é l’obiettivo primario attuale delle associazioni di volontariato dei malati reumatici.

Questa é una malattia da dolore cronico, disabilitante e colpisce prevalentemente le donne.
Mancano però le dovute tutele sanitarie che già hanno le altre malattie reumatiche croniche.

Questa intervista al Dr. Roberto Gorla della Reumatologia dell’ASST Spedali Civili Brescia è stata effettuata In occasione della Giornata mondiale della fibromialgia.

 

Il contributo delle associazioni per il riconoscimento della fibromialgia

La nostra associazione bresciana dei malati reumatici mette a disposizione dei propri iscritti con fibromialgia:

  • la psicoterapeuta cognitivo comportamentale
  • il counselor per l’ascolto empatico motivazionale
  • l’operatore shiatsu
  • il gruppo di autoaiuto

Il paziente deve partecipare attivamente alla propria cura. Pertanto si deve incrementare l’autostima e il grado di volontà a reagire alla condizione patologica.

In sintesi: la fibromialgia non toglie un’ora di vita, però può avvelenare ogni ora della vita stessa.
E’ bene che il paziente collabori attivamente alla propria cura, ad esempio con l’esecuzione costante di esercizio aerobico (cammino, ginnastica in acqua, stretching).
L’insonnia va curata.
Si consigliano: igiene del sonno e percorsi di psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Fare meditazione è utile ai pazienti.

polimialgia

video sulla Polimialgia Reumatica

Ho pubblicato questi video sulla Polimialgia Reumatica (PMR) per spiegare come affrontare la diagnosi e la terapia.

video polimialgia reumatica 1

video 2

Spesso la PMR compare in persone anziane.
L’esordio della PMR è acuto nella maggior parte dei casi.

La diagnosi di Polimialgia Reumatica si basa sui sintomi: dolore e impotenza funzionale dei cingoli e incremento significativo della Proteina C Reattiva agli esami ematici.
La presenza di una cefalea intensa e trafittiva, localizzata alla tempia, potrebbe testimoniare la presenza di una infiammazione dell’arteria temporale (arterite di Horton). In questo caso viè l’urgenza di eseguire una ecografia dell’arteria o, in regime di ricovero, una biopsia. L’esame istologico, eseguito prima di iniziare il cortisone, dimostrerebbe la vasculite.

Il cortisone, come descritto nel video sulla polimialgia reumatica, è molto efficace e porta in breve tempo ad un notevole miglioramento dei sintomi e dei segni di infiammazione.
La terapia cortisonica dovrà essere protratta a lungo, riducendo lentamente nel tempo la posologia quotidiana.

cortisone nella polimialgia reumatica

Cortisone nella Polimialgia Reumatica

Pertanto, come detto in questo video sulla Polimialgia PMR, vi sono regole d’oro da seguire per chi assume cortisonici:

  • assumere il farmaco solo al mattino
  • bere molta acqua
  • camminare ogni giorno
  • evitare i dolci e mantenere una dieta con poche calorie

 

Polimialgia Reumatica a cura del Dr. Roberto Gorla Reumatologia ASST Spedali Civili Brescia

SPONDILITE ANCHILOSANTE

VIDEO del Dr. Roberto Gorla

LA SPONDILITE ANCHILOSANTE

DR MATTEO FILIPPINI

La spondilite anchilosante è una malattia infiammatoria cronica che colpisce l’intera colonna vertebrale e, talvolta, anche le articolazioni periferiche (per esempio piedi, ginocchia, caviglie) ed i tendini. Più raro l’impegno extra-articolare (oculare, cutaneo, gastro-intestinale). Il termine attualmente utilizzato per definire questa malattia è quello di “spondiloartrite assiale” o di “spondiloartrite a prevalente interessamento assiale”.

L’infiammazione delle vertebre (“spondilite”), che costituiscono la colonna vertebrale, comporta dolore e limitazione funzionale, che tipicamente peggiora a riposo e migliora durante l’esercizio fisico (non è il classico mal di schiena!). In questa fase iniziale la radiografia della colonna vertebrale e del bacino non evidenzia alcuna anomalia; solo lo studio in risonanza magnetica consente di identificare la presenza di infiammazione articolare (spondiloartrite assiale non radiografica). Se la malattia non viene trattata adeguatamente, tendono a formarsi nel corso degli anni dei veri e propri ponti ossei che limitano irreversibilmente il movimento articolare (“anchilosante”). In questa fase le vertebre sono saldate l’una all’altra e la colonna vertebrale assume nella sua evoluzione finale la conformazione di una “canna di bamboo” (vedi figura 1). In questo caso si parla di spondiloartrite assiale radiografica, in quanto la patologia è chiaramente evidenziabile eseguendo una comune radiografia della colonna vertebrale.

Figura 1

spondilite

Nella Spondilite anchilosante si assiste ad una progressiva fusione dei corpi vertebrali.

La genetica

La spondilite anchilosante esordisce solitamente in giovane età (solitamente intorno ai 20-30 anni), colpisce soprattutto i soggetti di sesso maschile e tende ad avere una evoluzione molto lenta (sono necessari quasi 10 anni dall’esordio dei sintomi prima di osservare i primi e caratteristici ponti ossei tra le vertebre). Non è una patologia frequente ma nemmeno rara (ne è affetta circa lo 0,1% della popolazione). Come per tutte le patologie autoimmuni anche in questo caso si tratta di una malattia “multifattoriale”, ossia esordisce a causa di una combinazione di fattori genetici (HLA-B27 ed altri) ed ambientali (infezioni comuni, agenti inquinanti etc). Nonostante un soggetto con un parente affetto da spondilite anchilosante abbia una maggior probabilità di sviluppare la stessa malattia, il rischio rimane relativamente basso (non è una malattia ereditaria!).

Sintomatologia Articolare

Nella spondilite anchilosante, come sopra esposto, si assiste all’infiammazione delle vertebre, comportando una sintomatologia dolorosa invalidante, soprattutto a riposo. Nonostante il dolore avvertito all’ultima parte della schiena (= lombalgia) rappresenti un’esperienza assolutamente comune, la sintomatologia del paziente affetto da spondilite anchilosante è assolutamente peculiare.

Infatti tutti i pazienti affetti dalla patologia riferiscono un mal di schiena che è esordito prima dei 45 anni di età e che è presente quotidianamente da almeno 3 mesi, con decorso ingravescente e senza che vi sia una risoluzione spontanea del dolore (in assenza di terapia farmacologica il dolore è presente tutti i giorni).

Inoltre la maggior parte dei pazienti con spondilite anchilosante manifesta sintomi infiammatori (vedi tabella 1).

Tabella 1
Caratteristiche cliniche della lombalgia nella Spondilite Anchilosante.
Mal di schiena nella spondilite (infiammatorio) Mal di schiena comune (meccanico)
La lombalgia ha un esordio insidioso (non si ricorda il giorno esatto di esordio dei sintomi) Spesso esordisce acutamente (si ricorda il giorno esatto)
Il dolore lombare tende ad accentuarsi a riposo e durante la notte (il mal di schiena costringe al risveglio durante la II metà della notte) migliora con il riposo
La lombalgia migliora con il movimento e con l’attività fisica peggiora con lo sforzo fisico
Al risveglio ci si sente rigidi ed impacciati; dopo almeno 1/2 ora la sintomatologia tende a migliorare La rigidità mattutina non è significativa
L’utilizzo degli anti-infiammatori (FANS) comporta il marcato miglioramento del dolore entro 48 ore L’utilizzo degli anti-infiammatori (FANS) puo’ essere efficace, ma richiede una durata di trattamento >48 ore

Il mal di schiena tipico

La lombalgia è spesso il primo sintomo del paziente affetto da spondilite anchilosante. Nelle fasi più avanzate il processo infiammatorio può risalire lungo la colonna vertebrale ed interessare anche la regione dorsale e cervicale, con tendenza nelle fasi più avanzate alla anchilosi vertebrale, ossia la formazione di ponti ossei che saldano i due capi articolari. In questo caso si assiste ad una compromissione della normale curvatura della colonna vertebrale con tendenza alla gibbosità. Questa conformazione, frequentemente osservata negli anziani, deve immediatamente portare il medico al sospetto diagnostico di spondilite anchilosante qualora dovesse essere riscontrata in giovane età (vedi figura 2).

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A destra l’atteggiamento di un soggetto affetto da Spondilite Anchilosante.

La difficoltà al movimento

È chiaro che in tali condizioni il paziente può avere difficoltà nello svolgimento di molteplici attività della vita quotidiana, come guidare l’autovettura o restare seduto a lungo. Oltre alla lombalgia, il paziente affetto da spondilite anchilosante frequentemente presenta una sintomatologia simile alla sciatalgia, ossia dolore, formicolio e talvolta sensazione di bruciore a carico delle natiche e della superficie posteriore delle cosce. A differenza della classica sciatalgia in questo caso il dolore si ferma al ginocchio, senza interessare tutto l’arto inferiore, e tende ad interessare in modo alternante le due  cosce (sciatica mozza alternate). Questa sintomatologia, del tutto peculiare, riflette l’infiammazione di una particolare articolazione, con la quale il bacino si articola con la colonna vertebrale (articolazione sacro-iliaca; vedi figura 3).

La sacroileite

Figura 3

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Nella Spondilite Anchilosante si assiste ad un impegno delle articolazioni sacro-ilia- che (punti verdi); spesso anche la sinfisi pubica risulta coinvolta (punto rosso).

Anche queste articolazioni dopo anni di patologia non adeguatamente trattata, tendono a subire l’anchilosi. In questo caso non si osservano particolari alterazioni conformazionali (come nel caso della colonna vertebrale), tuttavia la perdita di tale articolazione può, per esempio, rendere difficoltoso l’espletamento di un parto naturale (in questo caso è talvolta necessario optare per il taglio cesareo).

Meno frequentemente il bacino può essere sede di un processo infiammatorio in altre sedi, quali la sinfisi pubica (anteriormente) e le creste iliache (lateralmente). In questo caso la sintomatologia dolorosa sarà localizzata, senza particolari irradiazioni.

L’infiammazione delle articolazioni periferiche

Quasi la metà dei pazienti affetti da spondilite anchilosante presenta anche un impegno delle articolazioni periferiche. In particolare possono essere coinvolte le articolazioni degli arti inferiori, come anche, ginocchia e caviglie; più raramente quelle degli arti superiori (in particolare gomiti e polsi). In questo caso le articolazioni sono dolenti, calde, tumefatte; frequentemente si assiste ad una significativa impotenza funzionale. A differenza di quanto osservato in altre patologie come l’artrite reumatoide, qui l’impegno articolare è tipicamente asimmetrico (lato destro presenta un interessamento articolare diverso da quello sinistro) e risparmia solitamente le piccole articolazioni di mani e piedi.

I piedi possono essere coinvolti con un dolore a carico del calcagno e/o della regione plantare; non si tratta di un processo articolare ma tendineo (tendine d’Achille, fascia plantare; vedi figura 4).

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Figura 4 Il piede è frequentemente interessato in corso di Spondilite Anchilosante; sia la zona plantare che il tendine d’Achille possono essere bersaglio di un processo infiammatorio cronico.

Più raramente possono essere interessati altri tendini, nella loro inserzione all’osso, come quelli del gomito (epicondilite) o del ginocchio (entesite quadricipitale, rotulea).

Sintomatologia extra-articolare

La spondilite anchilosante è dunque una patologia prevalentemente articolare e tendinea. Tuttavia in alcuni casi può interessare anche altri organi.
L’impegno oculare si osserva in circa il 25% dei pazienti affetti da spondilite anchilosante. In questo caso si assiste ad una infiammazione della porzione più anteriore dell’occhio, con dolore, arrossamento oculare e ipersensibilità alla luce (uveite anteriore). Entrambi gli occhi possono essere coinvolti ma raramente contemporaneamente. Un adeguato e tempestivo trattamento permette la guarigione senza particolari sequele.

In casi rari, il processo infiammatorio della spondilite anchilosante può danneggiare la valvola aortica cardiaca, comportando un difetto durante la fase di chiusura (insufficienza aortica). Molto raramente tale interessamento assume una rilevanza clinica. Altrettanto rari i casi di interferenza con il ritmo cardiaco.

Nelle fasi più avanzate di una patologia non adeguatamente trattata si può assistere ad una ridotta resistenza fisica anche per sforzi non eccessivi. In questo caso l’affanno potrebbe essere giustificato da un impegno delle articolazioni della gabbia toracica e dei muscoli intercostali (talvolta con dolore localizzato) o, più raramente, da una cicatrizzazione polmonare (fibrosi polmonare). Entrambe queste condizioni possono limitare l’espansione toracica.

Diagnosi e decorso

La diagnosi di spondilite anchilosante viene generalmente effettuata sulla base del quadro clinico (visita medica specialistica), degli esami di laboratorio e degli esami strumentali. Il reumatologo ha il compito di identificare, con la visita, i pazienti con elevata probabilità di essere affetti dalla patologia, e richiedere gli esami di laboratorio e strumentali utili per confermare la diagnosi. Non ha senso richiedere tali esami prima che il paziente sia stato accuratamente valutato.

Esami strumentali

Per quanto riguarda gli esami di laboratorio, questi sono utili sia per verificare la presenza di infiammazione sistemica (alcuni indici come VES e PCR possono risultare alterati), sia per escludere altre patologie (la spondilite anchilosante viene definita “sieronegativa”, in quanto i comuni esami immunologici risultano solitamente nella norma) e sia per definire l’idoneità del paziente a taluni trattamenti farmacologici.
Gli esami strumentali sono di grande ausilio sia per la diagnosi che per il monitoraggio della patologia nel corso degli anni. Storicamente si richiedeva la radiografia (Rx) del bacino e della schiena; oggi, accanto a questa insostituibile metodica, risulta molto utile, in taluni pazienti, la risonanza magnetica nucleare (RM). Questa indagine permette di effettuare la diagnosi di malattia in una fase molto precoce (“spondilite non-radiografica”), quando lo studio radiografico standard non evidenzia ancora segni caratteristici della spondilite anchilosante.

Altre metodiche, come la TAC o la scintigrafia ossea, sono riservate solo a casi eccezionali. L’ecografia viene oggi molto utilizzata per lo studio delle articolazioni e dei tendini periferici, fornendo utili informazioni strutturali e funzionali (permette di stimare l’entità dell’infiammazione). Viceversa l’ecografia è poco utile per lo studio delle articolazioni della schiena e del bacino.

Trattamento

Ad oggi non esiste una terapia per curare definitivamente la spondilite anchilosante. Tuttavia vi sono ottimi farmaci in grado di arrestare la patologia e controllarne i sintomi.
Gli obiettivi prioritari nella gestione terapeutica della malattia sono l’attenuazione del dolore e della rigidità, al fine di ripristinare e mantenere una corretta postura e un’adeguata mobilità articolare.

La terapia farmacologica è fondamentale, poiché spegnere l’infiammazione permette di ridurre il dolore e la rigidità; in tal modo il paziente può adottare posture corrette ed effettuare quotidianamente esercizi di stiramento e di rinforzo muscolare. La terapia farmacologica si avvale dell’ausilio dei FANS (anti-infiammatori non steroidei) e, sempre più, di farmaci biotecnologici, attivi contro una particolare proteina infiammatoria (TNF, IL17) o terapie avanzate da assumere per bocca (JAk inibitori). Nel caso di un interessamento delle articolazioni periferiche o tendineo è indicato l’impiego di cortisonici a basso dosaggio per via sistemica o mediante infiltrazioni e l’utilizzo di farmaci anti-reumatici tradizionali (methotrexate, sulfasalazina, leflunomide). Questi farmaci sono utilizzati anche per il trattamento dell’artrite reumatoide e psoriasica (vedi i rispettivi capitoli per una trattazione farmacologica completa).

Inoltre, altre abitudini di vita possono influenzare positivamente lo stato di salute, come una dieta equilibrata, un sonno ristoratore, una regolare attività fisica aerobica ed il supporto psicologico da parte della famiglia e degli amici.

Importanza dell’attività fisica

L’attività fisica mirata è parte integrante nella gestione di ogni programma terapeutico nella spondilite anchilosante. Se svolto quotidianamente aiuta a mantenere una postura corretta, contribuisce a migliorare l’escursione articolare e svolge un’azione antalgica.

È tuttavia importante farsi guidare, soprattutto all’inizio, dal fisiatra e fisioterapista al fine di ottenere il massimo beneficio. Si descrivono di seguito alcuni esempi esemplificativi.

Riscaldamento

Marciare velocemente sul posto per un minuto staccando il più possibile i piedi dal suolo e contemporaneamente portare in alto le braccia estese per 20 secondi, poi in avanti per altri 20 secondi ed infine di lato per ulteriori 20 secondi.

Esercizi di stretching

  1. Posizionarsi a quattro zampe. Tenere i gomiti diritti, mantenere la testa tra le spalle ed inarcare la schiena il più possibile
  2. Alzare la testa ed incurvare la schiena il più possibile.
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  1. Mantenendo la testa alzata, portare il braccio destro in avanti e la gamba sinistra indietro. Tenere per 5 secondi. Ritornare a quattro zampe e cambiare braccio e gamba.
  2. Posizionarsi di fronte ad una sedia, con il sedile morbido. Appoggiare il tallone destro sul sedile, tenendo il ginocchio diritto piegarsi il più possibile cercando di andare a toccare con entrambe le mani le dita del piede. Tenere per 6 secondi e poi riposare.
  3. Ripetere 2 volte, cercando di allungarsi sempre di più ogni volta. Rilassarsi dopo ogni allungamento e ripetere con la gamba controlaterale. L’esercizio si può eseguire anche da seduto appoggiando il tallone su uno sgabello.
vie del dolore

IL DOLORE CRONICO NELLE MALATTIE REUMATICHE

IL DOLORE CRONICO NELLE MALATTIE REUMATICHE: considerazioni

Il dolore cronico osseo, articolare e muscolare è il sintomo che caratterizza le malattie reumatiche, sia infiammatorie (artriti) che degenerative (artrosi) che da iperalgesia centrale (fibromialgia).

Quando il medico prende in considerazione il sintomo “dolore” deve considerare le molteplici componenti che lo determinano:

  • stimolazione delle terminazioni sensitive periferiche     
  • trasmissione dello stimolo lungo il nervo sensitivo
  • aree sensitive della corteccia cerebrale cerebrale 

Quindi il dolore riconosce una Partenza, un Trasporto e un Arrivo.

Il dolore da stimolazione dei recettori periferici si definisce NOCICETTIVO; quello da alterazioni del nervo sensitivo definito NEUROPATICO; il dolore cronico che sensibilizza attraverso meccanismi di inibizione dei sistemi di controllo a livello centrale si definisce NOCIPLASTICO.

In sintesi, af fine di rendere meglio comprensibile quanto esposto:

  • il dolore meccanico da artrosi o infiammatorio da artrite è NOCICETTIVO
  • quello da compressione di una radice nervosa per ernia discale è NEUROPATICO
  • quello cronico diffuso a tutto il corpo della fibromialgia è NOCIPLASTICO
  • talvolta sono contemporaneamente presenti più meccanismi (ad esempio nocicettivo + nociplastico, ecc). Il dolore nociplastico è una costante della cronicità.

Il dolore cronico nelle malattie reumatiche esita spesso in una sindrome bio-psico-sociale che porta ad estensione del dolore a più parti del corpo, disturbo del sonno, stanchezza generalizzata e calo del tono dell’umore.

Mentre i farmaci anti-infiammatori (FANS o cortisonici) o anti-reumatici sono efficaci sul dolore nocicettivo, lo sono solo parzialmente sul dolore neuropatico e non lo sono per nulla sul dolore nociplastico. 

La percezione del dolore, a livello cerebrale, è diversa da malato a malato e, anche la stessa persona, può percepire lo stimolo doloroso in modo diverso in momenti diversi della propria vita.
La quantità di stimolo percepita da un soggetto è mediata anche da un fine equilibrio neuro-endocrino (serotonina, noradrenalina, ecc.) che garantisce la “soglia” del dolore. Questo equilibrio può mutare in condizioni fisiologiche e patologiche.

Una cattiva qualità del sonno e del riposo notturno (specie se persistente), impedisce il fisiologico ripristino di questo equilibrio neuro-ormonale, traducendosi in riduzione della soglia di percezione del dolore.

La Fibromialgia

Non è infrequente osservare, quando l’iperalgesia tende a cronicizzare, una associazione tra dolore persistente diffuso a tutti i muscoli del corpo e un corteo di altri sintomi quali: riduzione del tono dell’umore, insonnia, stanchezza prevalente al risveglio mattutino, disturbo dell’alvo (colon irritabile), vertigini, cefalea muscolo tensiva, intolleranza a molti alimenti e farmaci. Il reumatologo definisce questa frequente condizione dolorosa cronica con il termine di fibromialgia che colpisce prevalentemente le donne. La fibromialgia non toglie un’ora di vita al malato, ma può avvelenare ogni ora della sua vita. Il malato di FM presenta una ridotta qualità di vita e spesso non viene creduto, in famiglia o dai medici, quando espone l’insieme dei propri sintomi. Non vi sono esami per la diagnosi di questa malattia e la terapia si basa su farmaci, sostegno psicologico e attività muscolare aerobica.

Tra i farmaci più impiegati vi sono quelli in grado di agire sulla ricaptazione di serotonina e noradrenalina (anti-depressivi) e sugli ansiolitici e ipno-induttori. Spesso il beneficio indotto dai farmaci tende a ridursi e a scomparire nel tempo se non viene associato un programma di esercizio muscolare da proseguirsi con motivata volontà e costanza.

Tecniche di medicina complementare come lo Shiatsu e lo yoga si sono rivelati un valido aiuto ai malati. La psicoterapia (soprattutto cognitivo-comportamentale) e il sostegno di un councellor sono efficaci nel determinare le azioni di contrasto mentale al dolore (strategie di coping).

Il nostro impegno

L’Associazione Bresciana Artrite Reumatoide (ABAR), ha tra gli iscritti una nutrita componente di persone portatrici di FM. Mette a disposizione dei propri soci lo psicologo, il cauncellor, il fisioterapista e l’operatore shiatsu.
Ha favorito la nascita di gruppi di auto-aiuto.
L’ABAR, unitamente alle altre associazioni di malati reumatici, ha sensibilizzato la Regione Lombardia e il Ministero della Salute per il riconoscimento della Fibromialgia tra le malattie croniche.
Viene richiesta l’esenzione dal ticket per le visite specialistiche (reumatologo, fisiatra, fisioterapista, psichiatra, psicologo), già che non sono necessari esami ematici o strumentali.

fibromialgia

Video sulla fibromialgia

Al momento della diagnosi, come spiegato in questo video sulla fibromialgia, è bene impiegare tutto il tempo necessario per spiegare al malato i meccanismi ed il funzionamento delle soglie della percezione del dolore.
I rapporti tra dolore del corpo e sofferenza psichica si possono far comprendere con parole semplici e ciò é necessario per motivare il malato a collaborare attivamente al percorso di cura.
In altre parole: il malato con sindrome fibromialgica sarà più motivato a seguire il percorso di cura se ben informato della sua patologia.

Il dolore cronico diffuso

Il dolore cronico è in grado di alterare completamente la qualità di vita di un individuo.
In questo video sulla fibromialgia, vi sono le informazioni necessarie.

La Fibromialgia non toglie un’ora di vita, ma può “avvelenare” ogni ora della vita.
Dr. Roberto Gorla

La qualità di vita del paziente con sindrome fibromialgica è peggiore di quella indotta da malattie considerate ben più gravi, quali l’artrosi, le artriti e le connettiviti. E’ una malattia fortemente invalidante.
La convivenza cronica con dolore e stanchezza induce depressione e assenza di progettualità. A loro volta queste condizioni aggravano la malattia.
Ciò è esplicato nel Video sulla fibromialgia che vi invito a visionare.
Il medico, per ottenere successo, deve costruire un rapporto empatico con il paziente perché, spesso, questi malati hanno già eseguito molteplici visite ed esami e per ciò hanno perso fiducia nei farmaci. Hanno il desiderio di essere creduti e supportati nel percorso di cura.

Alcuni consigli contenuti in questo video sulla fibromialgia.

  • ascolto compassionevole del paziente
  • delucidazione con parole semplici dei meccanismi fisiopatologici del dolore
  • rassicurazione sulla non gravità della malattia per quanto concerne l’aspettativa di vita
  • possibilità di miglioramento con terapia farmacologica a termine e attività fisica aerobica
  • beneficio della psicoterapia cognitivo-comportamentale
  • validità delle terapie complementari (Thai Chi, Yoga, Shiatsu, Stretching)
  • applicare una buona igiene del sonno
  • aprirsi alla socializzazione

Iscriviti alla nostra associazione bresciana dei malati reumatici https://www.abarbrescia.org/

fibromialgia stretching

Esercizi di Stretching nella Fibromialgia

L’importanza di eseguire esercizi di stretching nella fibromialgia

By Dott. Vezzoli Pierre che ha fatto la tesi di laurea in fisioterapia nel nostro centro sul tema della Fibromialgia

ALLUNGAMENTO MUSCOLARE

Stretching è un termine inglese (che significa allungamento, stiramento) usato nella pratica sportiva per indicare un insieme di esercizi finalizzati al miglioramento muscolare.
Gli esercizi di stretching coinvolgono muscoli, tendini, ossa e articolazioni ed in gran parte consistono in movimenti di allungamento muscolare. Essi comportano:
Benefici sul sistema muscolare e tendineo

  • Aumenta la flessibilità e l’elasticità dei muscoli e dei tendini.
  • Migliora la capacità di movimento.
  • È un’ottima forma di preparazione alla contrazione muscolare.
  • In alcuni casi diminuisce la sensazione di fatica.
  • Può prevenire traumi muscolari ed articolari.

Benefici sulle articolazioni

  • Attenua le malattie degenerative.
  • Stimola la “lubrificazione” articolare.
  • Mantiene “giovani” le articolazioni, rallentando la calcificazione del tessuto connettivo.

Benefici sul sistema cardiocircolatorio e respiratorio

  • Diminuisce la pressione arteriosa.
  • Favorisce la circolazione.
  • Migliora la respirazione.
  • Aumenta la capacità polmonare.

Benefici sul sistema nervoso

  • Sviluppa la consapevolezza di sé.
  • Riduce lo stress fisico.
  • Favorisce la coordinazione dei movimenti.
  • È rilassante e calmante.

È importante ricordare che durante qualsiasi esercizio di Stretching nella Fibromialgia:

  • i movimenti devono essere eseguiti molto lentamente
  • la respirazione deve essere normale e tranquilla. Non bisogna mai trattenere il respiro durante un esercizio di allungamento
  • è necessario rilassarsi e concentrarsi
  • l’abbigliamento deve essere comodo
  • l’ambiente non rumoroso
  • il suolo non freddo

Esercizi di Stretching nella Fibromialgia per lunedì, mercoledì e venerdì

Esecuzione. Durante l’espirazione ruotare la testa verso destra lentamente. Durante l’inspiro rimanere fermi. Espirare e proseguire fino alla massima escursione articolare. Durante l’inspiro tornare lentamente alla posizione iniziale. (4 volte per lato)|FM002

Esecuzione. Durante l’espirazione flettere la testa lateralmente verso destra, in modo da avvicinare l’orecchio alla spalla. Durante l’inspiro ritornare col capo eretto. Quindi eseguire allo stesso modo dall’altro lato. (4 volte per lato)|FM004

Esecuzione. Durante l’espirazione reclinare il capo all’indietro . Inspirare e espirare lentamente e profondamente una volta. Durante l’inspiro ritornare col capo eretto. (Ripetere 4 volte)|FM006

Esecuzione. Durante l’espirazione reclinare il capo in avanti. Inspirare e espirare lentamente e profondamente una volta. Durante l’inspiro ritornare col capo eretto. (Ripetere 4 volte)|FM008

Esecuzione: accavallare gli arti inferiori; quello sovrastante determina una spinta sul controlaterale che fa ruotare il bacino e la parte inferire del tronco. (30-60 sec)|FM010

Esecuzione: flettere gli arti inferiori e abbracciarli in modo di tirare le cosce a contatto con la parte anteriore del tronco. (60 sec)|FM012

Esecuzione: partendo in posizione seduta contro la parete, abdurre leggermente le cosce e flettere tronco e capo fra di esse.  ( 60 sec)|FM014

Esercizi di Stretching nella Fibromialgia per martedì, giovedì, sabato

Esecuzione: sollevare l’ arto superiore sinistro, flettere il gomito e portare la mano in prossimità del collo. Portare l’ altra mano dietro la schiena verso le scapole. Afferrare le due mani o aiutarsi con un asciugamano. Invertire la posizione dei due arti superiori. (30 sec)|FM016

Esecuzione: mantenere il gomito esteso e con l’ aiuto del polso contro laterale avvicinare il più possibile l’ avambraccio alla spalla opposta. Invertire la posizione dei due arti superiori. (30 sec)|FM018

Esecuzione: dalla posizione quadrupedica, arretrare progressivamente il tronco accentuando la flessione di ginocchia e anche. Gli arti superiori vengono a trovarsi sul prolungamento del tronco. (30 sec)|FM020

Esecuzione: partendo dalla posizione quadrupedica, con le dita estese rivolte verso le ginocchia, arretrare il tronco flettendo le ginocchia. I gomiti devono rimanere estesi. (30 sec)|FM022

Esecuzione: partire seduti in terra con un arto inferiore flesso al ginocchio e piede sotto al sedere mentre l’ altro arto inferiore è esteso al ginocchio. Appoggiare le mani a terra posteriormente alla schiena. Per incrementare lo stretching portare le mani sempre più indietro fino ad appoggiare i gomiti. (30 sec)|FM024

Esecuzione: poggiare l’avampiede sul bordo del gradino mentre l’ altro piede sul gradino successivo. Spostare gradualmente il peso corporeo sul piede più basso mantenendo il ginocchio esteso. (30 sec)|FM026

Esecuzione:seduti sul bordo del lettino con un arto inferiore appoggiato e esteso al ginocchio mentre l’ altro poggia a terra. Aumentare l’ allungamento anteponendo il bacino. Le mani vanno appoggiate alla gamba. ( 30 sec)|FM028

Esecuzione: appoggiare gli arti inferiori contro la parete a ginocchia estese. Lasciare che la forza di gravità porti in progressiva abduzione d’anca. (30 sec)|FM030

Gli Esercizi di Stretching nella Fibromialgia hanno migliorato il dolore e la performance muscolare. https://abarbrescia.org

P. Vezzoli e R. Gorla, 2008

Lupus Clinic

La Lupus Clinic é dedicata ai malati di LUPUS (LES)

Vi forniamo le informazioni per accedere alla attività ambulatoriale della LUPUS CLINIC che si avvale di equipe multispecialistica presso la U.O. di Reumatologia e Immunologia Clinica, Spedali Civili e Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, Cattedra di Reumatologia,Università degli Studi di Brescia

Gruppo LES

  1. ORARI SPORTELLO/AMBULATORIO
    • Lunedì 14,30-17-30
    • Martedì 8,30-13,00 + ambulatorio 14,30-17,00
    • Mercoledì 14,00-17,30 + ambulatorio
    • Giovedì 8,30-13,00
  1. ORARI TELEFONO
    • Lunedì 14,30-16,30
    • Martedì 11,00-12,00
    • Mercoled 14,30-16,30
    • Giovedì 11,00-12,00

Immagini della inaugurazione della LUPUS CLINIC sostenuta dal GRUPPO LES e dalla ABAR

Ricordando con tenerezza infinita Emanuela Parmegiani

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