Archivi autore: Roberto Gorla

Informazioni su Roberto Gorla

Medico Reumatologo. Reumatologia e Immunologia Clinica ASST Spedali Civili Brescia

Medico di Famiglia

Abbiamo elaborato questa lettera al Medico di Famiglia per favorire la diagnosi precoce di Fibromialgia.

A cura del Dr. Roberto Gorla

RITARDO DIAGNOSTICO: COSTI PERSONALI E SOCIALI

La pletora di sintomi che caratterizzano la Sindrome Fibromialgica e il grave ritardo diagnostico giustificano l’aver eseguito, negli anni, una significativa quantità di esami ematici, strumentali e visite specialistiche. La maggior parte dei malati di Fibromialgia hanno avuto accessi in Pronto Soccorso nelle fasi sintomatiche acute.
La mancata efficacia dei farmaci anti-infiammatori, corticosteroidei, anti-dolorifici (anche oppiacei) genera ulteriore sconforto.
La Fibromialgia è:
 – una Sindrome da dolore cronico diffuso (Sensibilizzazione centrale – dolore nociplastico)
 – una Malattia di genere (prevalenza nelle donne > 90%)

SINTOMI DA VALORIZZARE e CRITERI DI INVIO ALLO SPECIALISTA REUMATOLOGO da parte del Medico di Famiglia

  • Dolore cronico diffuso da oltre 3 mesi con:
    o Astenia persistente
    o Insonnia (frammentazione del sonno)

    Possibile rilevare anche i seguenti sintomi/segni associati al dolore cronico
    o Colon irritabile/Vescica irritabile/Vulvodinia
    o Cefalea, vertigine, acufeni, parestesie diffuse
    o Ansia, Depressione, Difficoltà di concentrazione
    o Normalità degli indici laboratoristici di flogosi
    o Non efficacia significativa della terapia con FANS o con anti-dolorifici

    E’ necessario escludere altre cause di dolore persistente diffuso

PER LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE (esami di primo livello)

• emocromo, esame urine, glicemia, GOT, GPT, creatinina, CPK, VES, PCR, elettroforesi proteine

In questa lettera si invita il Medico di Famiglia a compilare una impegnativa di richiesta per Visita Reumatologica
Sospetto Diagnostico: Fibromialgia
Il paziente prenoterà la visita al CUP Regionale

QUESTO MANUALE SULLA FIBROMIALGIA E’ STATO REDATTO DALLA COMMISSIONE FORMAZIONE ED EDUCAZIONE DEL PAZIENTE della rete regionale per la presa in carico dei malati di Fibromialgia in Regione Lombardia.

Partecipanti:

  • Roberto Gorla – Reumatologo – Coordinatore della Commissione
  • Francesca Regola – Reumatologo
  • Eleonora Pedretti – Reumatologo
  • Monica Mazzone – MMG
  • Mirko Scarsi – Reumatologo
  • AISF: Giusy Fabio
  • ALOMAR: Simonetta Panfi (segretaria della riunione)
  • ABAR: Alessandra Sandrini
  • CFU-Italia odv: Lucia Lovecchio
  • LIBELLULA LIBERA: Francesco Piccerillo

INDICEDEGLI SCRITTI SULLA FIBROMIALGIA:

  1. DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA
    • Definizione
    • Epidemiologia
  2. I SINTOMI
    • Il dolore cronico (nociplastico)
    • Il modello bio-psico-sociale
    • Le ricadute mentali e la qualità di vita
  3. IL DECORSO
  4. LA DIAGNOSI
    • Il ritardo della diagnosi
  5. TERAPIA E CURA
    • Farmaci
    • Esercizio fisico
    • Alimentazione
    • Psicoterapia
    • Medicina complementare e igiene del sonno
    • Partecipazione attiva: associazioni e volontariato
  6. IMPATTO DELLA FIBROMIALGIA NELL’AMBIENTE FAMILIARE E LAVORATIVO
    • Ambiente familiare
    • Problematiche lavorative
  7. FIBROMIALGIA IN MALATI ONCOLOGICI
  1. DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA

    • Definizione

La Fibromialgia (FM), conosciuta anche come Sindrome Fibromialgica, è una condizione caratterizzata principalmente da dolore cronico diffuso di natura muscoloscheletrica, accompagnato da rigidità persistente che perdura per più di tre mesi. La FM può manifestarsi come una condizione primaria o essere correlata ad altre patologie, tra cui le malattie immunologiche, reumatologiche e oncologiche.

  • Epidemiologia

La fibromialgia colpisce circa il 2-3% della popolazione, indipendentemente dall’etnia, e può manifestarsi in tutte le fasce d’età, compresa l’infanzia e l’adolescenza. Le donne hanno una probabilità significativamente maggiore di sviluppare la fibromialgia rispetto agli uomini, con un rapporto d’incidenza stimato intorno a 9:1 (F:M). In Italia, si stima che circa 2 milioni di persone siano affette da questa condizione.

  1. I SINTOMI

Oltre al dolore cronico, la fibromialgia è associata a una serie di sintomi tipici e comuni, tra cui disturbi del sonno caratterizzati da sonno non riposante, marcata affaticamento (astenia), episodi di cefalea o emicrania, formicolio agli arti (parestesie), sensazioni di bruciore in determinate zone della pelle, vertigini, tachicardia (aumento della frequenza cardiaca), sindrome del colon irritabile, cistiti interstiziali o sindrome dell’uretra irritabile, problemi di masticazione dovuti a disfunzioni dell’articolazione temporomandibolare (ATM), secchezza oculare, alterazioni visive, ipersensibilità olfattiva, acufeni, difficoltà di memoria e concentrazione, disturbi d’ansia, problemi miofasciali, sindrome delle gambe senza riposo, dismenorrea, vulvodinia e variazioni dell’umore come riduzione del tono dell’umore.

  • Il dolore cronico (nociplastico)

Sebbene non sia nota la causa della Fibromialgia, nel corso degli ultimi anni sono state individuate numerose evidenze sulla perturbazione dei meccanismi di percezione del dolore. Nel 2021 è stata pubblicata su una prestigiosa rivista scientifica (The Lancet) una revisione sistematica delle evidenze scientifiche che hanno portato a coniare il termine di “dolore nociplastico” (distinto dal dolore nocicettivo da lesione tessutale o dal dolore neuropatico da lesione dei nervi) per  interpretare il dolore diffuso percepito a tutto il corpo dai malati di FM.

Sono state identificate numerose “disfunzioni” sia a livello encefalico che a livello del midollo spinale e delle terminazioni sensitive periferiche. In particolare sono alterati i meccanismi inibitori della percezione del dolore e sono maggiormente attive le vie eccitatorie del dolore. Studi in Risonanza Magnetica Funzionale (elettroencefalogramma combinato con RMN) hanno dimostrato una maggiore estensione delle aree encefaliche “dolorose attivate” nei soggetti con FM, rispetto a soggetti non FM. Questi studi potrebbero in futuro portare allo sviluppo di terapie più efficaci sul dolore nociplastico.

Spiegato in modo semplice

Al momento il modo più semplice di spiegare al malato il dolore nociplastico è parlare di soglia del dolore. A partire dalla ”mappa della soglia del dolore” (tender points reattivi) che il reumatologo attua durante la visita, evocando dolore intenso per uno stimolo pressorio lieve, si può così definire l’alterazione delle soglie del dolore. Queste sono costituite da equilibri neuro-ormonali che a livello del sistema nervoso centrale regolano l’intensità percepita del dolore. Questi neuro-ormoni sono prevalentemente costituiti da Noradrenalina e serotonina, che in altre zone dell’encefalo regolano anche l’umore, l’ansia e lo stress. Infatti, viene definito dolore anche un lutto. I due sistemi (dolore del corpo e dolore affettivo) si influenzano.

Molto dolore persistente genera ansia e deflessione dell’umore, ma queste ricadute mentali alimentano anche una maggiore percezione del dolore. Si innesca un circuito vizioso che si auto-perpetua. Lo stress e l’ansia alterano il sonno che è uno dei momenti fondamentali di ripristino dei rapporti tra serotonina e noradrenalina. Inoltre ciò può rendere ragione della pletora di altri sintomi “neurovegetativi” che affliggono queste persone (stanchezza e fame di sonno, colon irritabile, parestesie, vertigini, cefalea, tachicardia, ecc)

Il malato che comprende questi meccanismi è più consapevole e motivato ad aderire al percorso di cura.

  • Il modello bio-psico-sociale

L’interpretazione del dolore nociplastico è possibile solo applicando un modello bio-psico-sociale. Il soggetto che soffre di dolore cronico va considerato nella complessità del suo essere. Un conto è curare il dolore/malattia, un altro è curare la persona come entità mente-corpo.

Il benessere di una persona, sempre alterato nella Fibromialgia, comprende i sintomi, ma anche la sua storia, gli affetti familiari, le amicizie, il lavoro, la condizione economica, gli impegni quotidiani, le possibili barriere all’accesso alle cure, ecc. Ognuno di questi aspetti può aver determinato, alimentato ed interferire con un percorso di miglioramento complessivo.

Non può essere certamente un medico a determinare quei cambiamenti di vita volti al superamento degli stress pregressi e di quelli in atto, ma sicuramente un supporto dello psicoterapeuta e dell’associazionismo di volontariato possono contribuire fattivamente al raggiungimento dell’obiettivo.

  • Le ricadute mentali e la qualità di vita

Quindi la Fibromialgia è un problema personale, familiare e sociale perché può alterare significativamente la percezione personale di benessere. Sarebbe semplicistico definire ansiosa e depressa una persona con FM, perché ciò insulterebbe il suo vissuto e le conseguenze del dolore cronico che gli ha avvelenato ogni ora della vita. Spesso l’incomprensione dei molteplici sintomi lamentati da queste persone, oltre ad indurre ansia, genera deflessione dell’umore dipendente dal non essere compresi nelle difficoltà quotidiane. Fatta eccezione per i casi in cui ansia e depressione sono addebitabili ad altri motivi precedenti la FM, asseriamo che per lo più ansia e depressione siano addebitabili direttamente alla Fibromialgia.

  1. IL DECORSO

La diagnosi di fibromialgia, spesso effettuata dopo anni dall’esordio dei sintomi, è complicata dalla difficoltà nel ricostruire la storia dei sintomi a lungo termine. Tuttavia, dall’anamnesi emerge un quadro in cui dolore, insonnia e stanchezza si sono progressivamente aggravati nel tempo, accompagnati dall’insorgere di altri sintomi; ciascun individuo affetto da fibromialgia presenta la propria esperienza unica. Nel corso del tempo, il dolore cronico sensibilizza la corteccia cerebrale sensitiva, trasformando il dolore localizzato in una sensazione diffusa. I disturbi del sonno, frequentemente interrotto dal dolore, causano affaticamento fisico e mentale, con conseguenti difficoltà di concentrazione, memoria e sonnolenza diurna. Si assiste inoltre all’aumentare della frequenza di mal di testa e vertigini, oltre alla comparsa di disturbi digestivi e intestinali come il colon irritabile.

Questa molteplicità di sintomi genera preoccupazione nei pazienti, alimentando ansia e il timore di una malattia non identificata. Sarebbe rilevante comprendere se il dolore cronico inizialmente localizzato (come lombalgia, cefalea/emicrania o endometriosi con dolore addominale) e fattori ambientali o psicologici come lo stress sociale o emotivo abbiano giocato un ruolo predominante nelle prime fasi della malattia ora diagnosticata. È importante indagare su quanto tempo sia trascorso prima che il dolore localizzato si diffondesse e quanto l’ansia legata alla mancata diagnosi e alla mancanza di sostegno da parte della famiglia, del lavoro e talvolta dei medici abbia influenzato l’aggravarsi dei sintomi. Rispondere a queste domande è cruciale, poiché al momento della diagnosi si riscontra quasi sempre un elevato livello di ansia e, naturalmente, una moderata depressione dell’umore.

  1. LA DIAGNOSI

La diagnosi di fibromialgia si avvale di specifici strumenti, come il Widespread Pain Index (WPI), la scala Symptom Severity (SS), e il Fibromyalgia Impact Questionnaire (FIQ), insieme ad altri test per valutare il grado di depressione, ansia e qualità del sonno.

La corretta diagnosi è fondamentale per la successiva presa in carico del paziente e per un efficace approccio terapeutico volto a migliorare la sua condizione, avviando un trattamento multidisciplinare e migliorando la qualità della vita attraverso un percorso di miglioramento che comprende esercizio muscolare, psicoterapia, igiene del sonno e farmaci specifici

È importante esercitare cautela nella diagnosi, evitando di attribuire automaticamente alla fibromialgia sintomi che potrebbero avere altre cause. Il medico reumatologo dovrebbe ascoltare attentamente la storia del paziente con empatia, e insieme costruire un rapporto di fiducia che favorisca un percorso di cura centrato sul paziente (partecipazione motivata del paziente) anziché solo sulla terapia farmacologica.

La diagnosi di fibromialgia è una diagnosi clinica, fatta dal medico basandosi su anamnesi, segni e sintomi riportati dal paziente. Non esistono test di laboratorio o di imaging radiologico in grado di effettuare la diagnosi. Durante l’esame obiettivo il medico evidenzierà la presenza di dolore alla pressione su numerosi punti diffusi in tutto il corpo, i cosiddetti tender points.

I questionari utilizzati confermano la diagnosi e permettono di valutare la gravità della fibromialgia. Compilati nel tempo, questi questionari consentono anche di monitorare il progresso del trattamento e di valutare eventuali miglioramenti nel corso del percorso terapeutico.

  • Il ritardo della diagnosi

Nella fibromialgia non vi sono alterazioni specifiche documentabili attraverso esami ematici, radiologici e strumentali. La diagnosi è inoltre resa difficoltosa dall’estrema varietà nei sintomi che avverte il paziente, apparentemente scollegati fra loro, che spesso hanno comportato l’esecuzione di un elevato numero di visite specialistiche ed esami eseguiti negli anni senza il raggiungimento di una diagnosi.

Questi sono i principale motivi di un importante ritardo diagnostico, in media tra i 5 e gli 8 anni. Il ritardo diagnostico pone questi malati in una condizione di sfiducia nei confronti dei medici, accusati spesso di non credere ai sintomi lamentati, ed innesca processi di autodiagnosi. Il paziente è quindi portato ad ipotizzare la presenza di malattie generalmente gravi, come tumori, sclerosi multipla o SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). I timori per il futuro generano ansia e sconforto, che determinano e/o aggravano lo stato depressivo.

Il momento della diagnosi, generalmente, viene dal paziente considerato come “liberatorio”, coincidendo con l’inizio di un “percorso di consapevolezza” dove “finalmente i conti tornano”, spesso dopo molti anni di inspiegata sofferenza.

  1. TERAPIA E CURA

    • Farmaci

La vera cura della fibromialgia è l’avvio di un percorso comportamentale caratterizzato dalla comprensione della patologia e dalla partecipazione attiva del paziente.

La gestione farmacologica della fibromialgia richiede un approccio personalizzato da parte del medico, tenendo conto che i farmaci da soli non risolvono completamente i sintomi ma possono essere utili per avviare il percorso comportamentale e favorire la partecipazione del paziente.

La selezione dei farmaci e la loro durata sono decisioni importanti che spettano al medico, il quale è tenuto a informare il paziente e coinvolgerlo nella scelta.

Tra i farmaci più efficaci nel trattamento del dolore fibromialgico vi sono quelli che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale (SNC), come gli antidepressivi (come duloxetina, venlafaxina, amitriptilina), i miorilassanti e gli anticonvulsivanti.

Anche gli oppioidi (come tramadolo e codeina con paracetamolo) possono essere utili per il dolore, ma è importante notare che spesso non sono ben tollerati e richiedono cautela nella prescrizione.

Farmaci che favoriscono il sonno profondo e il rilassamento muscolare, come gli antidepressivi triciclici (ad esempio amitriptilina) e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) (come paroxetina, duloxetina), insieme ad altri farmaci con azione miorilassante (come ciclobenzaprina), sono spesso prescritti a bassi dosaggi per migliorare la qualità del sonno.

La melatonina è un’altra opzione spesso utile per migliorare il sonno nei pazienti con fibromialgia. È importante notare che molti pazienti non presentano solo difficoltà ad addormentarsi, ma soffrono anche di sonno frammentato, rendendo inefficaci gli ipnoinduttori e aumentando il rischio di dipendenza.

  • Esercizio fisico

Uno degli obiettivi fondamentali nel trattamento non farmacologico della fibromialgia è l’adozione di tecniche di stretching muscolare e di allenamento graduale dei muscoli, oltre all’aumento progressivo della capacità cardiovascolare (aerobica). L’esercizio aerobico è risultato particolarmente efficace per i pazienti con fibromialgia. Anche se il paziente può inizialmente essere riluttante a impegnarsi nell’attività fisica a causa del dolore e della stanchezza, gli esercizi aerobici a basso o nullo impatto, come camminare, andare in bicicletta, nuotare o fare esercizi in acqua calda, rappresentano generalmente il modo migliore per avviare un programma di esercizi.

È essenziale esercitarsi regolarmente, ad esempio alternando i giorni di allenamento, e aumentare gradualmente l’attività fisica per migliorare il livello di fitness. È importante anche dedicare del tempo allo stretching dei muscoli e alla mobilizzazione articolare prima e dopo gli esercizi aerobici per prevenire lesioni e migliorare la flessibilità.

Consultare un terapista della riabilitazione può essere utile per sviluppare un programma di esercizi personalizzato che miri a migliorare la postura, la flessibilità e la forma fisica. Esistono numerosi tipi di corsi di ginnastica adattabili alle esigenze dei pazienti con fibromialgia, tra cui yoga, Tai Chi, biodanza e percorsi termali. La scelta del tipo di attività da intraprendere deve essere fatta esclusivamente dal paziente fibromialgico, considerando i benefici personali e le proprie capacità motorie.

  • Alimentazione

Non esiste una dieta specifica per la fibromialgia, ma l’alimentazione svolge un ruolo cruciale per una condizione caratterizzata da dolore e stanchezza muscolare. Recenti studi hanno posto attenzione alle variazioni del microbiota intestinale nel mantenimento dei sintomi della fibromialgia. Nella popolazione affetta da fibromialgia c’è un’alta incidenza di varie intolleranze alimentari, come quelle al frumento, al nichel, ecc. Per affrontare queste intolleranze, le cosiddette “diete di evitamento” possono risultare utili. Analogamente numerosi pazienti affetti da FM hanno riferito un miglioramento dei sintomi nel corso di diete a basso contenuto di grassi e zuccheri.

I consigli alimentari utili per i pazienti affetti da fibromialgia possono essere riassunti nei seguenti punti:

– Ridurre al minimo l’assunzione di zucchero, in particolare quello bianco e raffinato presente in dolci, merendine e marmellate industriali. È preferibile utilizzare zucchero di canna non raffinato.

– Una dieta controllata, con un adeguato apporto di proteine vegetali e animali e un basso consumo di carne rossa, è favorevole data la limitata capacità di drenaggio delle tossine nei tessuti dei pazienti con fibromialgia. Fonti di proteine animali consigliate includono pesce, pollame, coniglio, uova, latticini e formaggi, a meno che non vi siano intolleranze al lattosio o problemi di colesterolo alto.

– Consumare una varietà di frutta e verdura fresca di stagione, preferibilmente biologica, per il loro contenuto di vitamine antiossidanti e sali minerali.

– Favorire l’assunzione di cereali integrali come pasta integrale, riso e farro, privilegiando cereali antichi o pseudocereali con basso contenuto di glutine. In caso di disturbi gastrointestinali, introdurre gradualmente nella dieta questi alimenti, con tempi di cottura più lunghi e condire con olio d’oliva e erbe aromatiche. Limitare o evitare il consumo di solanacee come pomodori, melanzane, patate e peperoni, poiché possono causare reazioni d’intolleranza alimentare con sintomi a livello muscolare.

– Ridurre l’assunzione di sale per prevenire ritenzione idrica ed edemi, comuni nella fibromialgia. Per lo stesso motivo, bere molta acqua, tisane e infusi invece di bevande zuccherate e succhi di frutta. Limitare il consumo di caffè e tè, preferendo il tè verde, l’orzo o il malto. Un bicchiere di vino rosso durante i pasti non ha controindicazioni ed è benefico per le sue proprietà antiossidanti, mentre è consigliabile evitare superalcolici.

  • Psicoterapia

Il dolore cronico che caratterizza una significativa percentuale di pazienti affetti da fibromialgia può generare un forte stato d’allarme e ansia, portando a pensieri negativi come la catastrofizzazione e la sensazione di impotenza. In tali situazioni, la terapia cognitivo-comportamentale si presenta come una scelta altamente raccomandata per contrastare questi pensieri disfunzionali e ridurre la sintomatologia ansioso-depressiva.

Gli studi scientifici condotti in Italia e all’estero su campioni di pazienti con fibromialgia hanno dimostrato che la terapia cognitivo-comportamentale può aiutare tali pazienti in diversi modi:

– Favorisce la consapevolezza e il monitoraggio delle interazioni tra pensieri, sentimenti, sintomi e comportamenti sociali e relazionali.

– Insegna tecniche corporee e non, come il problem-solving, il rilassamento e la respirazione, e le tecniche di visualizzazione.

– Promuove lo sviluppo di strategie per richiedere aiuto e supporto e per comunicare in modo assertivo.

L’accettazione del dolore rappresenta la chiave per andare avanti, e grazie a queste tecniche è possibile riacquistare una vita familiare normale e tornare al lavoro. È importante imparare a convivere con il dolore cronico senza farsi scoraggiare, poiché è possibile trovare sollievo e miglioramento della qualità della vita.

  • Medicina complementare e igiene del sonno

Tra le terapie non convenzionali per la fibromialgia, gli integratori dietetici, il biofeedback, lo shiatzu, l’agopuntura e la terapia iperbarica possono contribuire positivamente alla riduzione dei sintomi del paziente.

Analogamente, una corretta igiene del sonno è fondamentale come presupposto essenziale per migliorare la qualità della vita, indipendentemente dall’adozione di altri approcci terapeutici.

Ecco alcune “regole di igiene del sonno” da seguire:

– Andare a letto solo quando si ha realmente sonno. L’insistere nel cercare di dormire senza sentirne il reale bisogno può aumentare il livello di arousal, ovvero l’eccitazione psicofisiologica che ostacola il sonno.

– Associare il letto esclusivamente al sonno e creare routine pre-addormentamento. Prima di coricarsi, è importante svolgere attività che segnalino alla mente che è giunto il momento di dormire, come prepararsi per la notte e stabilire una routine rilassante.

– Mantenere orari regolari per andare a letto e svegliarsi. Cercare di rispettare gli stessi orari di sonno ogni giorno, inclusi i fine settimana.

– Evitare i sonnellini diurni, poiché possono ridurre la propensione a dormire durante la notte.

– Limitare l’assunzione di alcolici e di sostanze eccitanti come caffè, tè, cioccolato e bevande zuccherate nelle ore precedenti il sonno.

– Evitare di fumare nelle ultime ore prima di coricarsi.

– Ridurre il consumo eccessivo di liquidi prima di andare a letto per evitare risvegli notturni causati dalla necessità di urinare.

– Evitare l’esercizio fisico intenso nelle ore precedenti il sonno, poiché può aumentare l’eccitazione e ritardare l’addormentamento.

– Assicurarsi che la camera da letto sia oscura, silenziosa e a una temperatura confortevole, né troppo calda né troppo fredda.

  • Partecipazione attiva: associazioni, gruppi di supporto e volontariato

Più il paziente è ben informato sulla fibromialgia e cerca di adattarsi alla malattia, migliore è la prognosi. I gruppi di supporto fisici e online, le pubblicazioni scientifiche e i siti web delle associazioni rappresentano importanti fonti di informazione per molti pazienti. Sapere di non essere soli può essere una fonte di conforto e di preziose informazioni.

Il volontariato presso un’Associazione di persone affette da fibromialgia è un’esperienza preziosa che porta benefici sia al paziente stesso che agli altri. Le ricerche dimostrano che dedicarsi al volontariato offre vantaggi significativi:

– Coinvolgimento di persone affette dalla stessa patologia: essere attivo in un’Associazione permette di sostenere una causa che sta a cuore. Il coinvolgimento può ispirare altre persone a partecipare attivamente, anche solo per poche ore alla settimana.

– Benefici per il benessere personale: il volontariato ha un impatto positivo sulla percezione di energia, autostima e umore. Contribuire al benessere degli altri riempie di gratificazione e fa sentire utile e apprezzato.

– Nuove amicizie e legami autentici: il volontariato offre l’opportunità di fare nuove amicizie, basate su esperienze e ideali condivisi, creando legami profondi e duraturi nel tempo.

– Aumento della fiducia in se stessi: contribuire attivamente a un’Associazione migliora l’autostima e permette di acquisire nuove competenze attraverso l’esperienza pratica.

– Diffusione di gentilezza e cortesia: gentilezza e cortesia verso gli altri sono contagiose. Il comportamento positivo può ispirare gli altri a seguire l’esempio, creando un effetto a catena di benevolenza.

– Conoscenza approfondita dell’Associazione: essere volontario offre l’opportunità di conoscere l’Associazione da ogni angolazione, incluse tutte le attività che l’associazione svolge a favore dei pazienti.

  1. L’IMPATTO DELLA FIBROMIALGIA NELL’AMBIENTE FAMILIARE E LAVORATIVO

    • Ambiente familiare

La fibromialgia esercita un impatto significativo sulla vita quotidiana, influenzando sia l’ambiente familiare che quello lavorativo.

L’impatto della FM sulla vita familiare è evidente, con il 23% dei pazienti che riporta bassi livelli di soddisfazione nella vita familiare e il 59% che affronta difficoltà nelle relazioni di coppia. Questi dati evidenziano la necessità di comprensione e supporto sia a livello familiare che lavorativo per chi vive con la fibromialgia.

Il benessere familiare è influenzato dal dolore e dalla disabilità fisica dei pazienti. Chi sperimenta maggior dolore e disabilità mette più pressione sui familiari e percepisce meno supporto. Inoltre, molti pazienti lamentano la mancanza di comprensione da parte dei propri partner o figli.

La dipendenza dai familiari per le attività domestiche è un aspetto significativo, con il 44% dei pazienti che dichiara di dipendere da un membro della famiglia. Ciò ha portato al 27% dei familiari a dover modificare le proprie attività lavorative, con un impatto negativo sulle dinamiche familiari.

È importante che i programmi di trattamento considerino come alleviare il peso sui familiari e aumentare il supporto da parte dei servizi sociali.

L’impatto sul lavoro e sui cambiamenti nella vita familiare porta a perdite finanziarie importanti. I familiari dei pazienti con FM affrontano spese extra e perdita di reddito, indicando che i costi finanziari sono più elevati di quanto si pensasse inizialmente.

  • Problematiche lavorative

Approssimativamente la metà dei pazienti con FM perde la capacità di svolgere un lavoro. Attualmente, solo il 34% di essi è attivo sul fronte lavorativo, mentre il 23% si trova in una situazione di incertezza, con congedi per malattia o disoccupazione.

Le donne affette da FM riportano una serie di problemi relativi al lavoro, inclusi orari non idonei, limitata progressione di carriera, scarsa consapevolezza della malattia da parte di colleghi e superiori, e difficoltà di concentrazione che riducono la produttività. Queste sfide rendono difficile mantenere un’occupazione e portano spesso ad assenze frequenti dal lavoro. Le persone con FM impiegate tendono a prendere congedi per malattia in misura tre volte superiore rispetto ai lavoratori non affetti da questa patologia.

Le assenze per malattia sono comuni tra i pazienti con FM, con circa la metà che ha sperimentato episodi ricorrenti negli anni, soprattutto coloro che alla fine perdono la capacità di lavorare. Anche se la maggior parte dei pazienti informa il datore di lavoro della propria condizione (63%), solo il 30% ha accesso a regolamenti lavorativi adattati alle proprie esigenze.

Spesso le persone con fibromialgia si domandano: “io posso lavorare?” Le persone con fibromialgia possono lavorare, ma potrebbero necessitare di modifiche al posto di lavoro. Ecco un riassunto delle modifiche consigliate:

– Comunicazione aperta: parlare con il datore di lavoro e i colleghi riguardo alla tua condizione.

– Flessibilità oraria: chiedere orari flessibili o possibilità di lavorare da casa quando ammissibile.

– Riduzione dello stress: ridurre le fonti di stress sul lavoro.

– Pausa e riposo: organizzare pause durante la giornata lavorativa.

– Eliminazione delle distrazioni: creare un ambiente di lavoro tranquillo e privo di distrazioni.

– Supporto dei colleghi: chiedere il supporto e la comprensione dei colleghi.

– Gestione delle attività: utilizzare liste di cose da fare e istruzioni scritte.

  1. FIBROMIALGIA IN MALATI ONCOLOGICI

La fibromialgia non aumenta il rischio di sviluppare una malattia oncologica ma molto frequentemente una patologia neoplastica può innescare o slatentizzare una fibromialgia. Infatti, le disfunzioni funzionali e strutturali dell’apparato muscolo scheletrico nelle persone con neoplasie sono ben documentate. In particolare, è stata dimostrata una più alta incidenza di FM nelle pazienti affette da tumore al seno, pur essendo i dati sulla prevalenza molto eterogenei a causa della varietà di termini utilizzati (come sindromi miofasciali, dolore muscoloscheletrico cronico diffuso, ecc) e criteri diagnostici usati. Si è osservato che i sintomi muscoloscheletrici possono manifestarsi sia dopo la diagnosi di tumore che durante o subito dopo trattamenti come chemioterapia, radioterapia o terapia farmacologica.

È quindi possibile che tali sintomi siano correlati anche alla terapia antitumorale e non solo alla neoplasia stessa. Va inoltre sottolineato che la diagnosi di una patologia oncologica spesso comporta per il paziente lo sviluppo di uno stato ansioso-depressivo che può correlarsi con l’esordio di una fibromialgia o una riacutizzazione della stessa.

Le associazioni di volontariato attive in Regione Lombardia

Associazionismo per la Fibromialgia in Lombardia

Umanizzazione delle cure

Sabato 17 novembre 2024 si è svolto a Brescia un convegno sull’umanizzazione delle cure.

locandina umanizzazione dele cure             

dall’altra parteE’ stato un convegno molto partecipato : docenti universitari con il Rettore, Il Prof Remuzzi del Mario Negri di Bergamo, studenti, le associazioni Aprire e dall’Altra parte che nasce dopo la puntata di Report nel 2007 “Nemesi Medica” che vi suggerisco di rivedere a distanza di 17 anni.   Nemesi Medica – Paolo Barnard GUARDA IL FILMATO

Di seguito l’intervento di Gianfranco Massarelli, presidente dell’associazione Dall’altra Parte.

Carissimi, se oggi siamo qui, è perché un medico, il dottor Gianni Bonadonna, ammalandosi, molti anni fa, dovette, da medico ricercatore tumori, passare dall’Altra Parte e tra gli utenti, farsi curare. Fu lì che, scoprendosi umano, fragile e solo,  si rese conto di quanto, il metodo, i protocolli, il personale e i suoi colleghi, non fossero all’altezza di quella “cura che lui stavolta malato”, si sarebbe aspettato. Vivendo l’esperienza, sorprendentemente capì quanto l’umanizzazionedell’evento che l’aveva travolto fosse indispensabile e successivamente impegnò il resto della sua vita per realizzarlo sino a permettere al sottoscritto e a noi dell’Altra Parte, di prendere il testimone e arrivare sin qui.

Negli anni poi il fatto capitò anche ad altri colleghi e le esperienze di umanizzazione sono aumentate dentro gli ospedali, un po’ in tutto il Paese. Ciononostante, la prima e più importante domanda resta: perché per capire il dolore e la sofferenza è necessario passare attraverso l’esperienza delle cure? E ancora: è necessario conoscere, dal di dentro, fragilità e solitudini? Perché siamo umani? Abbiamo bisogno di esperienza? Perché avere a che fare ogni giorno con il dolore e la malattia, disumanizza?  il non farsi coinvolgere, aiuta? Perché, concentrati sul nostro Io è difficile farsi prossimi a chi ci sta vicino?

Non sono domande da poco, né mancano al riguardo esperienze e letteratura, ma a questo, è certo, dobbiamo trovare risposte, ed è la crisi del Sistema Sanitario nel suo complesso ad imporcelo.

La mia esperienza

Per come la vedo io che sono cronico, malattia di Crohn e quindi da cinquant’anni frequentatore di ospedali mio malgrado, dovremmo riflettere seriamente su alcune problematiche che apparentemente diverse tra loro, invece convergono e creano seri ostacoli al dispiegarsi dell’umanizzazione delle cure tra i pazienti, negli ambulatori e nei reparti.

La prima, grande come una casa, è che generalmente non siamo attrezzati culturalmente per affrontare la malattia e il dolore.

Non lo siamo noi attempati che ne abbiamo viste e provate di tutti i colori, ne lo siete voi ragazzi che al momento, giovani ed esuberanti, nemmeno ci pensate.

Incapaci di accettare la nostra decadenza e le sue conseguenze, ci ritroviamo impreparati, sia quando siamo pazienti, sia quando, prossimi, ci prendiamo cura di chi ne ha bisogno.

Si tratta, laici o credenti che dir si crede, di un problema ormai non rinviabile, che dovremmo e potremmo far diventare una grande opportunità se lo affrontassimo insieme con un approccio non solo filosofico, ma anche con quella complementarietà che l’argomento richiede.

Il progetto

Insieme. Medici, infermieri, operatori sanitari e nelle università iniziando dalle matricole  sino ai specializzandi. Inserendo nel corso di studi quelle materie che ci aiutino a capire la posta in gioco che non riguarda solo i pazienti o chi nel bisogno cerca aiuto e solidarieta ma tutta la società. Matricole e studenti, voi ragazzi che siete qui, sarete il servizio sanitario di domani e dipenderà da voi se il sistema resterà un servizio per la comunità a misura di uomo e gratuito così come i legislatori di allora lo avevano pensato e costruito.

 Per contro il Sistema Sanitario attuale rigido, ingessato e sempre più impoverito dalla politica, pare che sia in svendita ai privati e questo non deve accadere. Già provato e vilipeso dalla sua discutibile e deficitaria gestione durante la Pandemia, ha ulteriormente evidenziato quanto non sia in grado di dar risposte concrete all’ormai conclamata emergenza in atto. Certo, è vero, le oasi, i luoghi, le persone dell’accoglienza non mancano, ma l’assenza ormai conclamata quando, non le strutture é certamente quella del personale, i medici e la variegata schiera di operatori sanitari necessari a far funzionare uno dei più invidiati Sistemi Sanitari al mondo, che 50 anni fa, era il 1978, avevamo preteso come cittadini e ottenuto. Altra politica, altri personaggi. Come ciò sia stato possibile, quali le persone, le idee e le battaglie che lo pensarono e poi lo costruirono, quali le successive esperienze, andrebbero invece rivisitati e certamente aggiornati.

La proposta

Perché non tentarlo qui nella vostra e nostra Facoltà.

Ecco una piccola proposta che, rilanciata oggi e qui, a me pare più che mai attuale. Se trovasse il vostro entusiasmo e anche la vostra pretesa potrebbe sfociare in quella Cattedra in Umanità che costruita per esaltare i temi di allora, potrebbe concretizzare con la vostra diretta e concreta partecipazione, luoghi di studio e di ricerca, che arricchirebbero senza dubbio il percorso di Laurea e con le ricadute, io credo, anche il lavoro nelle corsie degli ospedali.

Non si parte da zero. Alcuni anni fa, un gruppo di ricerca condotto dalla Prof.ssa Gabriella Pravettoni dell’IEO in collaborazione con l’Università Statale di Milano istituirono quella “Cattedra di Umanità” che fu una esperienza pilota estremamente positiva.  Nel corso di Medicina si introdussero lo studio di quelle competenze atte a formare medici capaci di ascolto e di relazione con il paziente nella sua dimensione esistenziale, emotiva e sociale.

Un esempio concreto di quanto poi si possa generalizzare negli ospedali lo si può trovare nell’esperienza degli Ospedali di Modena dove il Direttore generale dott. Claudio Vagnini convoca periodicamente i primari per verificare con loro lo stato di accoglienza e di umanizzazione nei reparti.

La sanità pubblica e quella privata

La seconda problematica non è da meno.

Tutti sanno di quanto la Sanità Pubblica stia cambiando e quanto sia il disservizio e il costo che i cittadini, con il passaggio al Privato, sono costretti a pagare. Tutti l’abbiamo sperimentato: la sanità privata non è interessata all’umanizzazione delle cure, ma solo ai profitti. Loro sono un’azienda, uno Stato etico non può esserlo.

La scelta da fare qui è quella di decidere da che parte stare. Il SSN e la salute sono di tutti. Non solo dei ricchi o di chi può permetterselo. Una prova di come la intenda qui da noi la politica, me lo raccontò qualche giorno fa una giovane un’operatrice sanitaria del Privato dicendo di come lo sciopero nazionale voluto dalle sigle operanti nel settore privato organizzato da Cgil-Cisl e Uil (23 settembre u.s.) con al centro i Contratti di Lavoro e gli aggiornamenti salariali fermi da più di un decennio, pur con una larga adesione, fosse stato, a Milano, praticamente oscurato.

Le dissi che per come la vedevo io, se lo Sciopero fosse stato Generale, e se le sigle sindacali avessero coinvolto in quanto utenti tutti i cittadini, la visibilità sarebbe stata garantita e un popolo intero, avrebbe senza dubbio, aderito. Coinvolgere le Università e il grande popolo del Volontariato sarebbe stata la scelta vincente.

I cittadini, il popolo, come lo chiamano i politici, già non ne possono più. Urge mobilitarsi e impersonare, tutti, quel cittadino che facendo onore alle idee di rispetto, pari opportunità, uguaglianza e fraternità scritte nella Costituzione, fa la propria parte.

Questo lo spirito e gli obiettivi che informano la nostra associazione. Miti senza essere vittime. Fiduciosi senza farsi sopraffare. Per un lavoro nei reparti, nei laboratori da non maledire. Partecipativi nelle iniziative per estendere i diritti e per battere logiche partitiche e corporative.

Conclusione

In altre parole, e avviandomi alla conclusione con il terzo e ultimo argomento, pongo una domanda: cosa potremmo fare ancora per il nostro SSN che lentamente ma inevitabilmente sta capitolando?

Innanzitutto dovremmo immaginare come condizionare le scelte politiche in modo che nella gestione e nell’organizzazione del Servizio Sanitario vengano coinvolti chi se ne occupa e chi la sanità la fa nei reparti. E poi, ri-pilotare e qualificare la spesa dove serve, rivedendo ritmi, l’organizzazione nei reparti e l’organico per specialità, aumentando decisamente e là dove ve ne sia il bisogno, certamente il personale.

I problemi della Sanità non sono le liste d’attesa, ma anche le liste d’attesa.

Il bilancio in regione, ricordiamolo, nel 2023 è stato di circa 21 miliardi di cui l’80% alla Sanità, che come sapete da amministrare fan gola un po’ a tutti. Nelle teste di chi fa politica non c’è l’Altro, ma il potere sull’Altro.

Tutto è peggiorato dopo il Covid. Ricordate? Saremo migliori, si diceva. Ripartiremo.  Non siamo diventati migliori, ne siamo ripartiti.

Abbiamo invece bisogno di tutti voi e del vostro entusiasmo.

 Ci servono i cittadini ed insieme, in un lavoro di buona lena e di lungo corso, lavorare ad una Sanità che al centro abbia l’individuo e non il profitto dei soliti e il sacrificio di molti. Necessitiamo di prossimità, essere vicini all’Altro, agli ultimi come spesso sentiamo dire oggi, e in primo luogo esserci, è una scelta laica. Il nostro ruolo, e sto parlando soprattutto a voi ragazzi, è quello di tornare ad essere innanzitutto cittadini.

Per sognare ci vuole coraggio. Riunirsi, ripartire. Questo ci ha insegnato il Covid. Dobbiamo solo farlo, lo stiamo facendo, dobbiamo continuare. Non abbiamo bisogno di eroi. Loro, i colleghi, gli amici, i famigliari che abbiamo perso, non vorrebbero essere ricordati come eroi.

Abbiamo bisogno invece di un nuovo protagonismo da parte di tutti. Insieme, ognuno con il proprio cuore, la propria passione. Il confine da abbattere è quello dell’Io.

Le cure si umanizzano tornando umani, prossimi all’Altro con umana passione, umana alterità, umano sentire e umana condivisione, amando il nostro Paese, chi ci vive, chi soffre, chi ha bisogno di voi.  Sergio Mattarella, il nostro Presidente, in questi ultimi tempi ripete spesso che dobbiamo metterci alla “sbarra”, lavorare duro e guardare lontano.

Tutti, tutti noi. Insieme mi sembra un ottimo programma.

Dottore o Dottoressa

Domanda: dottore o dottoressa?

Una giovane nostra specializzanda in reumatologia mi ha posto questa domanda: – secondo lei una donna con fibromialgia preferirebbe essere visitata da un medico uomo o da un medico donna?-

Molti giovani reumatologi incontrano difficoltà ad interagire con un malato di fibromialgia (per lo più donne) per molti motivi: difficoltà di diagnosi, rischio elevato di insuccesso terapeutico, mancanza di formazione psicologica, assenza di chiari riferimenti scientifici (linee guida).

Ovviamente non avevo saputo rispondere alla giovane collega e quindi abbiamo inviato un sondaggio agli iscritti all’associazione bresciana dei malati reumatici di fibromialgia. Le possibili risposte di preferenza possibili erano: dottore, dottoressa, indifferente.

RISULTATO
Hanno risposto 98 donne con fibromialgia. Di loro il 12 % ha risposto Dottore; 88% ha risposto Indifferente; nessuno ha risposto Dottoressa.
Sono stati aggiunti commenti liberi che sottolineavano l’importanza che il medico fosse competente, disponibile, empatico, ecc.

ALTRA DOMANDA

A questo punto ho fatto notare alla collega che forse le persone con fibromialgia avessero una preferenza per l’età del medico, pensando che si ritiene più esperto un medico “più vecchio”. Anche per avere risposta a questo quesito abbiamo inviato un altro sondaggio al gruppo WhatsApp dei malati di fibromialgia iscritti all’associazione.
Le possibili risposte di preferenza possibili erano: dottore con meno di 45 anni, con più di 45 anni, indifferente.

Hanno risposto 77 donne con fibromialgia. Di loro il 5 % ha risposto < 45 anni; 14 % ha risposto > 45 anni; 81 % ha risposto indifferente.

SDi nuovo nei commenti liberi sono stati sottolineati l’importanza che il medico fosse competente sulla malattia, capace di ascoltare, disponibile per eventuali necessità, ecc.

A voi i commenti.

Esercizio fisico

L’esercizio fisico è importante per il trattamento della fibromialgia, una condizione cronica che causa dolore e stanchezza muscolare. L’esercizio può aiutare a ridurre il dolore, migliorare la forza muscolare, aumentare la resistenza e migliorare la qualità del sonno.

Tuttavia, è importante che l’esercizio sia adeguato alle capacità individuali. Deve essere eseguito in modo aerobico, evitando i sovraccarichi eccessivi. Inoltre è consigliabile eseguirlo per un congruo periodo di tempo (maggiore di 30 minuti).

L’esercizio muscolare (camminare o pedalare la cyclette) andrebbe eseguito ogni giorno, È quindi auspicato sviluppare un programma di esercizio fisico adeguato. Iniziare con esercizi di bassa intensità e aumentare gradualmente l’intensità e la durata man mano che il corpo si adatta.

L’esercizio può includere attività come il cammino, la bicicletta, l’acqua aerobica o gli esercizi di stretching e di rafforzamento. È anche importante fare esercizio regolarmente per mantenere i benefici a lungo termine.

Durante l’esercizio aerobico vi è un forte contributo al ripristino della soglia del dolore, al miglioramento del tono dell’umore, alla riduzione dell’ansia e alla liberazione di endorfine nel sistema nervoso centrale. 

In sintesi, l’esercizio muscolare (compreso lo stretching) è un elemento importante per il trattamento della fibromialgia e può aiutare a ridurre il dolore, migliorare la flessibilità e la forza muscolare e aumentare la resistenza. 

stretching

Primi sintomi di polimialgia reumatica

I primi sintomi di polimialgia reumatica compaiono di solito acutamente. Compare dolore e forte impaccio dei muscoli del collo e delle spalle, tanto da non riuscire a sollevare in alto le braccia.

Questi sintomi compaiono in genere in persone anziane e comunque oltre i cinquant’anni, senza preferenza tra uomini e donne. Inoltre, in molti casi, sono colpite anche le anche e la muscolatura delle cosce con una impotenza funzionale tale da invalidare il soggetto. Non è possibile riuscire a pettinarsi, alzare in alto le braccia, alzarsi senza forte dolore quando si è seduti da un po’, anche sul Vater. Ciò risulta umiliante.

In alcuni casi, soprattutto se il dolore dura da alcune settimane, può comparire gonfiore delle mani con forte impaccio e fatica a chiudere i pugni.

I primi sintomi di polimialgia reumatica sono prevalenti al risveglio mattutino, quando il dolore e l’impotenza funzionale sono massimi. Potrebbe esservi anche febbricola e calo di peso.
Molte persone si recano in pronto soccorso, ma potrebbe non essere necessario.

Il proprio medico di famiglia, dopo aver valutato questi sintomi, farà fare dei semplicissimi esami, i cui referti sono disponibili in poco tempo, e dimostreranno elevati livelli di infiammazione. La proteina C è in genere elevata. Quindi é necessario che il malato venga inviato dallo specialista reumatologo. In questo caso non servono ortopedici né fisiatri. Altri esami o radiografie sono solo una perdita di tempo.

Questa malattia viene dominata molto bene dall’impiego di cortisone anche a dosaggi non elevati. L’impiego del prednisone, ad esempio, determina nel volgere di pochi giorni un miglioramento significativo, tanto da ritrovare l’indipendenza perduta. Con il cortisone migliora il dolore e l’impaccio muscolare. Il sonno non è più disturbato dal dolore con conseguente riduzione della stanchezza.

RACCOMANDAZIONI
NB: Iniziare il cortisone solo dopo avere eseguito gli esami ematici perché, altrimenti potrebbero risultare nella norma e non aiutare la diagnosi.

Il cortisone verrà ridotto lentamente, ma progressivamente nel tempo.
NB: non attuare sospensione improvvisa del cortisone e non servono i cicli brevi.

Se tra i primi sintomi di polimialgia reumatica vi fosse un importante mal di testa nella regione delle tempie o un calo della vista improvviso, è necessario rivolgersi urgentemente in pronto soccorso perché potrebbe trattarsi di una arterite temporale di Horton. Questa vasculite potrebbe indurre una cecità improvvisa e necessita di dosi più elevate di cortisone, congiuntamente ad altri immunodepressori.

CURIOSITA’
La causa della polimialgia reumatica è ignota. Talvolta insorge dopo strapazzi fisici, infezioni, fisioterapie o vaccini.

Arterite Temporale

tumefazione dell’arteria temporale

Dr. Roberto Gorla

CASO CLINICO DI FIBROMIALGIA

CASO CLINICO DI FIBROMIALGIA
(visita effettuata la scorsa settimana dal Dr. Roberto Gorla)

La paziente racconta

Questa è l’anamnesi di AB 43 anni, mamma di 2 figli (maschio 13, femmina 9), separata dal marito a 39 anni, impiegata a tempo pieno nel commercio (commessa).

Dai 17 anni lombalgia persistente, sottoposta ad intervento neurochirurgico di stabilizzazione all’età di 23 anni. Perso un anno di scuola superiore, poi diplomata.

Dopo un periodo di miglioramento, all’età di 26 anni ricomparsa del dolore lombare, anche notturno con disturbo del sonno. A questa età era disoccupata, viveva in famiglia e assisteva la nonna con tumore. Frequentava Aldo che avrebbe sposato dopo due anni.

Il dolore lombare si irradiava agli arti inferiori, ma le visite neurochirurgiche, ortopediche e gli esami di laboratorio, radiologici e la elettromiografia erano normali. Il dolore alla schiena rimaneva un mistero. Si trovò costretta a letto per due settimane e non poté presenziare al funerale della amata nonna e per questo si sentì a lungo in colpa e non compresa dai genitori.

Il racconto prosegue: il dolore si espande

La lombalgia sembrò migliorare nel coro dell’anno del suo matrimonio, ma l’anno successivo si ripresentò violento durante la gravidanza. Anche in questo caso non vi fu una interpretazione medica dei sui sintomi. Sottoposta a taglio cesareo, nacque G. Nel puerperio visse un periodo di non motivata tristezza che i medici interpretarono come depressione puerperale. Non poté allattare. Spesso, oltre al solito mal di schiena, compariva indolenzimento ai muscoli degli arti inferiori e superiori e spesso soffriva di mal di testa che un neurologo definì cefalea tensiva. I farmaci consigliati erano poco efficaci, sia sul dolore muscolare che sul mal di testa.

Lavorava part-time come impiegata, ma fu convinta dal datore di lavoro a licenziarsi durante la gravidanza di M. che nacque quando aveva 34 anni. Ebbe una ricaduta della depressione puerperale, ma durò poco e non necessitò di trattamenti farmacologici.

I due figli piccoli erano un peso eccessivo e non poteva contare sull’aiuto di parenti perché abitavano lontano. Ricorda che la cefalea era frequente e il dolore muscolare era divenuto diffuso, migrante, anche notturno. Dormiva sempre meno ed erano comparsi disturbi digestivi con alternanza di stitichezza ed episodi di diarrea improvvisa. Venne sottoposta ad esami gastroenterologici (anche colonscopia) che risultarono nella norma. Venne esclusa anche celiachia e definirono questi disturbi come colon irritabile.

Grande stress a complicare il caso clinico

Nonostante tutti questi sintomi la sua vita era dedicata a G e M. Quando M iniziò a frequentare la scuola materna iniziarono i problemi con il marito Aldo. AB aveva 37 anni e le discussioni in famiglia erano all’ordine del giorno. Grazie ad una amica trovò lavoro come commessa a part-time. Ciò le giocò contro in seguito, al momento della separazione, perché gli alimenti disposti dal giudice erano insufficienti a garantirle una vita dignitosa. Fortunatamente le venne assegnata l’abitazione. I figli incontravano il padre 2 volte la settimana (nei weekend).

Aumentò di peso e spesso lamentava vertigini e tachicardia. Il dolore diffuso, la cefalea frequente, il disturbo del sonno, la stanchezza già al risveglio e il colon irritabile sono proseguiti negli anni successivi. Visite mediche ed esami erano sempre normali. Per un episodio di dolore addominale insopportabile si rivolse in Pronto Soccorso, ma anche in questo caso senza diagnosi e medicine utili. Si sentiva una malata immaginaria e percepiva che sia i familiari che i medici non credevano ai sui sintomi. Nessuno aveva pensato che questo fosse un caso clinico di fibromialgia.

Aveva 43 anni quando è giunta alla visita reumatologica (su consiglio di una amica) con una borsa che conteneva anni di indagini mediche e mi ha raccontato quanto avete letto.

Per questo caso clinico di tipica Fibromialgia ho valorizzato:

  • la pletora di sintomi: dolore diffuso, stanchezza (astenia) già presente al risveglio da notti con sonno frammentato, cefalea tensiva, vertigini, colon irritabile, tachicardia (cardiopalmo), umore basso con note d’ansia;
  • la lunga durata dei sintomi (dolore cronico lombare già in adolescenza);
  • la negatività di ogni esame eseguito;
  • alla visita la contrattura dei muscoli trapezi e il dolore alla pressione su quelli che noi chiamiamo tender points.

Ho quindi diagnosticato Fibromialgia che è la più frequente sindrome da dolore cronico diffuso.

L’importanza di fare comprendere la Fibromialgia

L’ho rassicurata sul fatto che la fibromialgia non tolga un’ora di vita, ma come tutta la sua sofferenza fosse la risultante della lunga durata dei sintomi che si sono via via aggiunti nel corso degli anni. Il dolore cronico induce anche depressione e ti mette in una costante attesa negativa (ansia). Ho cercato di spiegare in parole semplici i rapporti tra disturbo del sonno e dolore, di come molti sintomi “neurovegetativi” dipendano da soglie alterate nella percezione del dolore nelle aree sensitive della corteccia cerebrale. Credo che AB abbia compreso.

Ho spiegato come i farmaci, di per se, non abbiano un ruolo primario nella cura della Fibromialgia, ma che vi è la necessità di fare esercizio muscolare con motivazione, volontà e costanza. L’esercizio muscolare aerobico (camminare o pedalare la cyclette), sebbene sia difficile e doloroso iniziare, è in grado nel tempo di migliorare il dolore medesimo, la qualità del sonno e la stanchezza. Bisogna perseverare.

Per favorire di riuscire a svolgere attività fisica, ho proposto un periodo di impiego di Duloxetina a basso dosaggio (30 mg/die), melatonina (non utili gli ipno-induttori), vitamina D e un antidolorifico al bisogno. Inoltre ho consigliato di iscriversi all’associazione di volontariato locale e di iniziare un sostegno di terapia cognitivo-comportamentale.

L’importanza di misurare la severità della Fibromialgia

Ad AB ho consegnato i questionari ( 2025 FM CLINIMETRIA ) utili a comprendere la gravità della Fibromialgia, quelli per ansia, depressione ed insonnia con l’intento di poter nel tempo monitorare l’andamento della malattia.

Ovviamente è stata fissata una visita di controllo a distanza di 2 mesi.

Questo caso clinico di Fibromialgia è esplicativo della sindrome fibromialgica e puoi vedere il video

Signora Fibromialgia

Cara Signora Fibromialgia, è giunto il momento di farti riconoscere e conoscere a tutti.
Sei una malattia di genere in grado di rovinare ogni ora della vita di tante donne.
Il dolore e la stanchezza che provochi rendono difficoltoso lavorare, gestire i figli e la casa. Il cervello non si spegne mai e il sonno non è ristoratore.
Il risveglio è sempre un’impresa, con i muscoli rigidi, dolenti e spesso con quel senso di pesantezza dolorosa della testa che è come avere la nebbia nel cervello.
La tristezza avanza e le attese sono negative. Con una vita così è difficile non deprimersi o non sentirsi in ansia.
Eh si, Signora Fibromialgia, sei proprio malefica. Oltre al dolore e alla stanchezza determini disturbi digestivi, alterazioni intestinali (colon irritabile), giramenti di testa e batticuore.
Se poi penso a quante visite e a quanti esami sono risultati normali …
Nessuno crede ai sintomi che queste donne lamentano.
Eppure esiste un filo che lega tutti questi sintomi in un’unica diagnosi e la diagnosi rappresenta un momento liberatorio e l’inizio di un percorso di consapevolezza.

Guarda il video


Quindi siamo vicini al momento in cui la Signora Fibromialgia sarà riconosciuta come malattia reumatica potenzialmente invalidante e nessuno potrà più permettersi di dire che non esiste. Ne conseguirà la possibilità di curarsi e di godere delle protezioni sociali di tutte le altre malattie croniche.
Per i casi più gravi si potranno avere a disposizione equipe multi-specialistiche per affrontare il dolore, l’ansia e la depressione conseguente.
Sconfiggeremo la Signora Fibromialgia anche con rinnovata motivazione, volontà, costanza e pazienza.
Per tutto questo, vi esorto sempre, nonostante la sofferenza, a dominare il corpo con la forza della mente. E’ estremamente utile imporsi una camminata ogni giorno.

by Dr. Roberto Gorla Reumatologia ASST Spedali Civili Brescia

Disturbo del sonno nella Fibromialgia

Il disturbo del sonno nella Fibromialgia è estremamente frequente.
Forse non tutti sanno che il problema, solo raramente, riguarda l’addormentamento.
Nella maggior parte dei casi il sonno è disturbato da risvegli continui (frammentazione del sonno).
Questa frammentazione del sonno giustifica la stanchezza persistente e la necessità di riposare durante il giorno. Inoltre può determinare una difficoltà di concentrazione e di memoria con minor resa sul posto di lavoro.

Il sonno è una funzione vitale estremamente importante ed è regolato da un orologio biologico che regola molteplici funzioni fisiologiche, tra cui ad esempio, il sistema endocrino ed il sistema immunitario. Anche la memoria si struttura durante il sonno. Tutti gli animali in natura dormono un certo numero di ore ogni giorno.

Durante il sonno si intercalano fasi che possono essere misurate da un elettroencefalogramma. In senso semplificato ma misurazione della qualità del sonno avviene al risveglio: stanco o riposato?
Le persone con fibromialgia  dichiarano di essere stanche (asteniche) al risveglio, quando è massima anche la percezione del dolore muscolare diffuso.

Al disturbo del sonno concorrono: le preoccupazioni (stress) e le cattive abitudini: sonnellini durante il giorno, televisione o schermi guardati a lungo la sera prima di coricarsi, troppo cibo o alcool a cena, eccetera.

Ecco alcuni consigli per aiutare a ottenere un sonno di qualità:
1.Mantieni una routine del sonno regolare andando a letto e alzandoti alla stessa ora ogni giorno.
2.Crea un ambiente confortevole nella tua camera da letto: tieni la temperatura fresca, il buio e il rumore a livelli accettabili.
3.Evita di guardare la TV, utilizzare dispositivi elettronici o lavorare a letto. Queste attività possono stimolare il cervello e rendere più difficile addormentarsi.
4.Pratica tecniche di rilassamento come la respirazione profonda o la meditazione prima di andare a letto.
5.Assicurati di fare esercizio fisico durante il giorno, ma evita di farlo troppo vicino all’ora di andare a letto.
6.Limita l’assunzione di caffeina e alcol, soprattutto nelle ore serali.

Infine il disturbo del sonno nella Fibromialgia è direttamente responsabile del dolore muscolare diffuso, tipico di questa malattia. Durante un sonno riposato e ristoratore avviene infatti il ripristino dei rapporti tra serotonina e noradrenalina nei centri nervosi sensitivi. In modo semplicistico si può affermare che il sonno regola le soglie di percezione del dolore.

L’attività fisica migliora il disturbo del sonno delle persone con fibromialgia.
I farmaci ipno-induttori sono spesso inefficaci, perché il disturbo del sonno nella fibromialgia è dipendente dai frequenti risvegli. La fase di addormentamento è alterata in una minoranza di casi.

Dr. Roberto Gorla Reumatologia ASST Spedali Civili di Brescia

cortisone

IL CORTISONE

IL CORTISONE è un farmaco necessario per la cura delle artriti e delle connettività autoimmuni.

Regole d’oro per l’impiego del CORTISONE:


1. Assumere il cortisone solo al mattino, durante la colazione, per rispettare il ciclo circadiano dell’ormone
2. Bere molta acqua (meglio dell’acquedotto) e ridurre il consumo di zuccheri
3. Seguire una dieta povera in calorie e ricca in verdure.
4. Mantenersi in movimento (passeggiate, bicicletta, ginnastica in acqua, ecc)

Nelle artriti i cortisonici devono essere impiegati a basso dosaggio (esempio Prednisone – Deltacortene 5 mg/die oppure Medrol o Urbason 4 mg/die).

DELTACORTENE
A questi dosaggi il corticosteroide non induce significativa osteoporosi nè ipertensione ed è ben tollerato a livello gastrico.
Nei diabetici è bene controllare frequentemente la glicemia e gli altri esami consigliati dal diabetologo.
Nei soggetti con glaucoma è bene avvisare l’oculista.
Per la prevenzione dell’osteoporosi che potrebbe insorgere nei trattamenti a lungo termine con il cortisone, viene spesso associata la vitamina D e il calcio (presente nel formaggio grana, latte e acqua dell’acquedotto) e, talvolta, farmaci anti-osteoporosi.

Dr. Roberto Gorla ASST Spedali Civili Brescia