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Umanizzazione delle cure

Sabato 17 novembre 2024 si è svolto a Brescia un convegno sull’umanizzazione delle cure.

locandina umanizzazione dele cure             

dall’altra parteE’ stato un convegno molto partecipato : docenti universitari con il Rettore, Il Prof Remuzzi del Mario Negri di Bergamo, studenti, le associazioni Aprire e dall’Altra parte che nasce dopo la puntata di Report nel 2007 “Nemesi Medica” che vi suggerisco di rivedere a distanza di 17 anni.   Nemesi Medica – Paolo Barnard GUARDA IL FILMATO

Di seguito l’intervento di Gianfranco Massarelli, presidente dell’associazione Dall’altra Parte.

Carissimi, se oggi siamo qui, è perché un medico, il dottor Gianni Bonadonna, ammalandosi, molti anni fa, dovette, da medico ricercatore tumori, passare dall’Altra Parte e tra gli utenti, farsi curare. Fu lì che, scoprendosi umano, fragile e solo,  si rese conto di quanto, il metodo, i protocolli, il personale e i suoi colleghi, non fossero all’altezza di quella “cura che lui stavolta malato”, si sarebbe aspettato. Vivendo l’esperienza, sorprendentemente capì quanto l’umanizzazionedell’evento che l’aveva travolto fosse indispensabile e successivamente impegnò il resto della sua vita per realizzarlo sino a permettere al sottoscritto e a noi dell’Altra Parte, di prendere il testimone e arrivare sin qui.

Negli anni poi il fatto capitò anche ad altri colleghi e le esperienze di umanizzazione sono aumentate dentro gli ospedali, un po’ in tutto il Paese. Ciononostante, la prima e più importante domanda resta: perché per capire il dolore e la sofferenza è necessario passare attraverso l’esperienza delle cure? E ancora: è necessario conoscere, dal di dentro, fragilità e solitudini? Perché siamo umani? Abbiamo bisogno di esperienza? Perché avere a che fare ogni giorno con il dolore e la malattia, disumanizza?  il non farsi coinvolgere, aiuta? Perché, concentrati sul nostro Io è difficile farsi prossimi a chi ci sta vicino?

Non sono domande da poco, né mancano al riguardo esperienze e letteratura, ma a questo, è certo, dobbiamo trovare risposte, ed è la crisi del Sistema Sanitario nel suo complesso ad imporcelo.

La mia esperienza

Per come la vedo io che sono cronico, malattia di Crohn e quindi da cinquant’anni frequentatore di ospedali mio malgrado, dovremmo riflettere seriamente su alcune problematiche che apparentemente diverse tra loro, invece convergono e creano seri ostacoli al dispiegarsi dell’umanizzazione delle cure tra i pazienti, negli ambulatori e nei reparti.

La prima, grande come una casa, è che generalmente non siamo attrezzati culturalmente per affrontare la malattia e il dolore.

Non lo siamo noi attempati che ne abbiamo viste e provate di tutti i colori, ne lo siete voi ragazzi che al momento, giovani ed esuberanti, nemmeno ci pensate.

Incapaci di accettare la nostra decadenza e le sue conseguenze, ci ritroviamo impreparati, sia quando siamo pazienti, sia quando, prossimi, ci prendiamo cura di chi ne ha bisogno.

Si tratta, laici o credenti che dir si crede, di un problema ormai non rinviabile, che dovremmo e potremmo far diventare una grande opportunità se lo affrontassimo insieme con un approccio non solo filosofico, ma anche con quella complementarietà che l’argomento richiede.

Il progetto

Insieme. Medici, infermieri, operatori sanitari e nelle università iniziando dalle matricole  sino ai specializzandi. Inserendo nel corso di studi quelle materie che ci aiutino a capire la posta in gioco che non riguarda solo i pazienti o chi nel bisogno cerca aiuto e solidarieta ma tutta la società. Matricole e studenti, voi ragazzi che siete qui, sarete il servizio sanitario di domani e dipenderà da voi se il sistema resterà un servizio per la comunità a misura di uomo e gratuito così come i legislatori di allora lo avevano pensato e costruito.

 Per contro il Sistema Sanitario attuale rigido, ingessato e sempre più impoverito dalla politica, pare che sia in svendita ai privati e questo non deve accadere. Già provato e vilipeso dalla sua discutibile e deficitaria gestione durante la Pandemia, ha ulteriormente evidenziato quanto non sia in grado di dar risposte concrete all’ormai conclamata emergenza in atto. Certo, è vero, le oasi, i luoghi, le persone dell’accoglienza non mancano, ma l’assenza ormai conclamata quando, non le strutture é certamente quella del personale, i medici e la variegata schiera di operatori sanitari necessari a far funzionare uno dei più invidiati Sistemi Sanitari al mondo, che 50 anni fa, era il 1978, avevamo preteso come cittadini e ottenuto. Altra politica, altri personaggi. Come ciò sia stato possibile, quali le persone, le idee e le battaglie che lo pensarono e poi lo costruirono, quali le successive esperienze, andrebbero invece rivisitati e certamente aggiornati.

La proposta

Perché non tentarlo qui nella vostra e nostra Facoltà.

Ecco una piccola proposta che, rilanciata oggi e qui, a me pare più che mai attuale. Se trovasse il vostro entusiasmo e anche la vostra pretesa potrebbe sfociare in quella Cattedra in Umanità che costruita per esaltare i temi di allora, potrebbe concretizzare con la vostra diretta e concreta partecipazione, luoghi di studio e di ricerca, che arricchirebbero senza dubbio il percorso di Laurea e con le ricadute, io credo, anche il lavoro nelle corsie degli ospedali.

Non si parte da zero. Alcuni anni fa, un gruppo di ricerca condotto dalla Prof.ssa Gabriella Pravettoni dell’IEO in collaborazione con l’Università Statale di Milano istituirono quella “Cattedra di Umanità” che fu una esperienza pilota estremamente positiva.  Nel corso di Medicina si introdussero lo studio di quelle competenze atte a formare medici capaci di ascolto e di relazione con il paziente nella sua dimensione esistenziale, emotiva e sociale.

Un esempio concreto di quanto poi si possa generalizzare negli ospedali lo si può trovare nell’esperienza degli Ospedali di Modena dove il Direttore generale dott. Claudio Vagnini convoca periodicamente i primari per verificare con loro lo stato di accoglienza e di umanizzazione nei reparti.

La sanità pubblica e quella privata

La seconda problematica non è da meno.

Tutti sanno di quanto la Sanità Pubblica stia cambiando e quanto sia il disservizio e il costo che i cittadini, con il passaggio al Privato, sono costretti a pagare. Tutti l’abbiamo sperimentato: la sanità privata non è interessata all’umanizzazione delle cure, ma solo ai profitti. Loro sono un’azienda, uno Stato etico non può esserlo.

La scelta da fare qui è quella di decidere da che parte stare. Il SSN e la salute sono di tutti. Non solo dei ricchi o di chi può permetterselo. Una prova di come la intenda qui da noi la politica, me lo raccontò qualche giorno fa una giovane un’operatrice sanitaria del Privato dicendo di come lo sciopero nazionale voluto dalle sigle operanti nel settore privato organizzato da Cgil-Cisl e Uil (23 settembre u.s.) con al centro i Contratti di Lavoro e gli aggiornamenti salariali fermi da più di un decennio, pur con una larga adesione, fosse stato, a Milano, praticamente oscurato.

Le dissi che per come la vedevo io, se lo Sciopero fosse stato Generale, e se le sigle sindacali avessero coinvolto in quanto utenti tutti i cittadini, la visibilità sarebbe stata garantita e un popolo intero, avrebbe senza dubbio, aderito. Coinvolgere le Università e il grande popolo del Volontariato sarebbe stata la scelta vincente.

I cittadini, il popolo, come lo chiamano i politici, già non ne possono più. Urge mobilitarsi e impersonare, tutti, quel cittadino che facendo onore alle idee di rispetto, pari opportunità, uguaglianza e fraternità scritte nella Costituzione, fa la propria parte.

Questo lo spirito e gli obiettivi che informano la nostra associazione. Miti senza essere vittime. Fiduciosi senza farsi sopraffare. Per un lavoro nei reparti, nei laboratori da non maledire. Partecipativi nelle iniziative per estendere i diritti e per battere logiche partitiche e corporative.

Conclusione

In altre parole, e avviandomi alla conclusione con il terzo e ultimo argomento, pongo una domanda: cosa potremmo fare ancora per il nostro SSN che lentamente ma inevitabilmente sta capitolando?

Innanzitutto dovremmo immaginare come condizionare le scelte politiche in modo che nella gestione e nell’organizzazione del Servizio Sanitario vengano coinvolti chi se ne occupa e chi la sanità la fa nei reparti. E poi, ri-pilotare e qualificare la spesa dove serve, rivedendo ritmi, l’organizzazione nei reparti e l’organico per specialità, aumentando decisamente e là dove ve ne sia il bisogno, certamente il personale.

I problemi della Sanità non sono le liste d’attesa, ma anche le liste d’attesa.

Il bilancio in regione, ricordiamolo, nel 2023 è stato di circa 21 miliardi di cui l’80% alla Sanità, che come sapete da amministrare fan gola un po’ a tutti. Nelle teste di chi fa politica non c’è l’Altro, ma il potere sull’Altro.

Tutto è peggiorato dopo il Covid. Ricordate? Saremo migliori, si diceva. Ripartiremo.  Non siamo diventati migliori, ne siamo ripartiti.

Abbiamo invece bisogno di tutti voi e del vostro entusiasmo.

 Ci servono i cittadini ed insieme, in un lavoro di buona lena e di lungo corso, lavorare ad una Sanità che al centro abbia l’individuo e non il profitto dei soliti e il sacrificio di molti. Necessitiamo di prossimità, essere vicini all’Altro, agli ultimi come spesso sentiamo dire oggi, e in primo luogo esserci, è una scelta laica. Il nostro ruolo, e sto parlando soprattutto a voi ragazzi, è quello di tornare ad essere innanzitutto cittadini.

Per sognare ci vuole coraggio. Riunirsi, ripartire. Questo ci ha insegnato il Covid. Dobbiamo solo farlo, lo stiamo facendo, dobbiamo continuare. Non abbiamo bisogno di eroi. Loro, i colleghi, gli amici, i famigliari che abbiamo perso, non vorrebbero essere ricordati come eroi.

Abbiamo bisogno invece di un nuovo protagonismo da parte di tutti. Insieme, ognuno con il proprio cuore, la propria passione. Il confine da abbattere è quello dell’Io.

Le cure si umanizzano tornando umani, prossimi all’Altro con umana passione, umana alterità, umano sentire e umana condivisione, amando il nostro Paese, chi ci vive, chi soffre, chi ha bisogno di voi.  Sergio Mattarella, il nostro Presidente, in questi ultimi tempi ripete spesso che dobbiamo metterci alla “sbarra”, lavorare duro e guardare lontano.

Tutti, tutti noi. Insieme mi sembra un ottimo programma.